La UIL non sottoscrive l’ipotesi di rinnovo del CCNL 2019-2021 perché troppi temi sostanziali sono stati rinviati a sequenza invece di far parte integrante dell’accordo.
Si chiude a metà 2023 una procedura propedeutica alla esigibilità di un contratto riferentesi ad un triennio scaduto (2019/2021) lasciando sul tavolo inevaso ancora un altro contratto.
Si evince la cecità dei ministeri preposti e della stessa Aran che non prestano la dovuta attenzione ai nostri Settori e, in particolare, allo sviluppo e alla valorizzazione del nostro personale senza il quale nessuna attività produttiva potrebbe realizzarsi con l’efficacia e l’efficienza proprie di un Paese avanzato in un contesto europeo.
Dopo mesi di silenzio da parte dell’ARAN ci siamo ritrovati ad una convocazione che ha avuto come suo unico obiettivo la chiusura di questo contratto; prendere o lasciare!
Non c’è stata contrattazione vera, invece dovuta, dal momento che l’Agenzia ha sottoposto al tavolo un testo da ratificare senza affrontare concretamente quei temi fondamentali del sistema universitario, argomenti irrinunciabili per la UIL.
La UIL era disposta e disponibile anche nel mese di agosto ad impegnarsi per trovare risposte e soluzioni ai molteplici argomenti niente affatto secondari che il tavolo invece ha scelto di non trattare.
Non ci piacciono i rinvii, ci piace il CONFRONTO fino a quando non si trova il punto di incontro e le risposte che oggi i nostri lavoratori si aspettavano. È per questo che con coscienza abbiamo chiesto di portare avanti i lavori e darci più tempo, perché poi di molto tempo non ne abbiamo avuto diversamente da quanto sostiene la parte pubblica. Tanti mesi per pochi incontri e non per nostra scelta!
L’Aran e il tavolo hanno invece deciso di RINVIARE A SEQUENZA:
- La questione dei nostri tecnologi che da ormai troppo tempo stanno aspettando un riconoscimento delle loro attività sia in termini giuridici che economici;
- Il contratto di ricerca, istituito per legge, che avrebbe dovuto trovare la sua regolamentazione in questo contratto. Ci verrebbe da pensare che forse questo provvedimento non sarebbe risultato di gradimento all’attuale ministro e ad alcuni Rettori;
- le AOU che abbiamo chiesto di trattare, argomento definito dallo stesso Presidente dell’ARAN complesso e spigoloso, pertanto da affrontare in un secondo momento dedicato e che invece non ha avuto seguito. Ricordiamo l’imprescindibilità del personale universitario nel garantire la mission di didattica, ricerca, assistenza presso le AOU. Non è più accettabile l’assenza di risposte rispetto a tematiche quali quella ad esempio dei medici universitari di categoria EP, a cui non viene riconosciuta l’attività assistenziale e la loro equiparazione non gli riconosce il ruolo di dirigenti medici.
- CEL – rinviata la parte economica.
Forse per qualcuno il primo interesse evidentemente non sono i lavoratori ma quelli di lobby o interessi personali.
Forse per qualcuno la sottoscrizione della parte economica a novembre 2022, che ha riconosciuto alle nostre lavoratrici e i nostri lavoratori gli adeguamenti stipendiali e gli arretrati nella misura del 95% sul totale concordato, era la garanzia della sottoscrizione di questo testo, indipendentemente dal contenuto e dai suoi effetti. La dignità professionale non si compra! È responsabilità di un’organizzazione sindacale vedere anche più lontano di un aumento dovuto quale diritto e non elemosinato a condizione di chiudere gli occhi su tutto il resto.
La UIL al tavolo di confronto ha portato istanze, osservazioni e contestazioni al testo contrattuale, come sempre rendicontato nei nostri comunicati con la dovuta trasparenza che ci ha sempre contraddistinto.
L’Area EP si è vista attribuire un robusto incremento valoriale delle indennità di posizione in una situazione generale che vede gli atenei in difficoltà per il sottodimensionamento del Fondo dedicato. Per la stessa Area si è provveduto ad eliminare la soglia del 30% relativamente alle indennità di risultato ed è stata cassata la possibilità di contraddittorio in caso di valutazione negativa da parte dei dirigenti. Che dire: gli ingredienti per potenziare una situazione maggiormente clientelare nell’area dei profili più alti per autonomia e retribuzione ci sono tutti. Su questo punto la UIL ha reiterato più volte la richiesta di mantenere per l’Area EP l’attuale impianto normativo ritenendolo ancora adeguato al ruolo.
Abbiamo nuovamente blindato l’IMA non consentendo la possibilità di una sua decurtazione dovuta ad una possibile crisi della capienza dei fondi B-C-D degli atenei a seguito degli incrementi delle indennità dei funzionari permessi da questo contratto. Infatti alla contrattazione integrativa sarà permesso di incrementare le indennità di funzione per quest’area fino a 12.000 euro. Anche qui il rischio potenziale di configurare una realtà clientelare ci pare altissimo, in un contesto di impossibilità di espansione dei fondi.
Ci sembra fondamentale sottolineare che solo la UIL ha chiesto il mantenimento dell’attribuzione di indennità di responsabilità anche per la categoria degli operatori (ex cat. B), possibilità non contemplata nella prima bozza del testo.
Abbiamo avuto l’impressione che il testo proposto più che interessarsi di un nuovo ordinamento professionale sia stato più orientato alla stratificazione di nuove caste.
Per qualcuno si è semplificato il sistema delle progressioni economiche. Per la UIL i criteri oggi adottati sono invece peggiorativi. Si è inteso applicare in pieno la filosofia brunettiana dando peso alla performance individuale in misura non inferiore al 40% senza considerare, come sarebbe dovuto, il criterio dell’anzianità ma contemplando esclusivamente l’esperienza professionale.
Se vogliamo dire di più possiamo evidenziare la stortura cognitiva rappresentata dal fatto che mentre la Legge n. 113/22 prevede di andare in deroga al titolo qualificando il requisito dell’anzianità come elemento valido per la possibilità di un salto di categoria tra operatori > collaboratori > funzionari, in una semplice progressione economica non viene valorizzata l’anzianità.
Il contratto ha di fatto regolamentato un nuovo ordinamento, dettato per legge, che come già scritto più volte per l’UNIVERSITA’ non è altro che un aver cambiato nome alle categorie preesistenti B-C-D ed EP rinominandole in aree degli operatori, dei collaboratori, dei funzionari e delle Elevate Professionalità.
È bene inoltre sottolineare che l’incremento dell’Indennità di Ateneo determinato dall’utilizzo di 25 dei 50 milioni stanziati dalla ultima legge di bilancio, è stato il frutto di una sacrosanta rivendicazione unitaria delle sigle sindacali che sotto il Ministero hanno saputo farsi ascoltare. Non ci piace invece l’idea che i restanti 25 milioni siano dedicati ai soliti progetti finalizzati al coinvolgimento dei più vicini alle amministrazioni, o essere appannaggio esclusivo dei livelli ordinamentali più alti a seconda del gradimento di questo o quel responsabile.
Il nostro lavoro non si ferma qui, continueremo a portare avanti le nostre idee, proposte e osservazioni. Bisogna avere il coraggio di trattare temi in scienza e coscienza!
Non ci fermiamo davanti ad un testo che ci ha portato a non condividere questa ipotesi. Come abbiamo detto molti i temi insoluti, troppi i paletti messi alla reale valorizzazione delle professionalità. Per noi è solo l’inizio di una lunga stagione a tutela dei diritti delle persone.
La Segreteria Nazionale