Gli effetti devastanti (soprattutto nel rapporto Nord-Sud) dei cosiddetti “punti organico” degli atenei universitari
CARROZZA EGUAGLIA E SUPERA GELMINI
(tagli e iniquità)
– Pubblicato su LAVORO ITALIANO n.12 Dicembre 2013 –
Fin dal nascere dell’ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca) tra le molteplici critiche che la UIL RUA ha mosso nei confronti del ruolo e dell’azione di tale organismo, quella relativa ai meccanismi preposti alla distribuzione dei cosiddetti “punti organico” assume un’importanza particolare per le implicazioni di carattere istituzionale e sociale della questione.
I cosiddetti “punti organico” altro non sono che un parametro di misura delle assunzioni consentite a ciascun ateneo ed è compito dell’ANVUR redistribuire in maniera correttiva tra tutti gli atenei quel già magro 20% di turn-over imposto complessivamente dalla spending review al nostro sistema universitario.
Tanto sul fronte degli Enti Pubblici di Ricerca ed ancor più su quello degli Atenei, avevamo messo in risalto la falsa oggettività dei criteri e degli indicatori individuati dal quel “costoso pensatoio” costituito dall’Agenzia e sulle conseguenze negative dell’inserimento e dell’utilizzo nelle disposizioni legislative e ministeriali di queste metodologie valutative la cui calibratura appare sempre più rispondere a criteri politici prefissati.
La vicenda dei punti organico, con le conseguenze drammatiche sulla programmazione delle assunzioni 2013-2015 degli atenei pubblici, sta li a darci ragione di un uso distorto della cosiddetta valutazione. Un uso volto solo a dare sostegno ad una strategia di ridimensionamento (in taluni casi addirittura smantellamento) che ha caratterizzato, dal Ministro Moratti in avanti, le scelte dei nostri governi.
La pubblicazione nello scorso mese di ottobre del relativo Decreto Ministeriale ha consentito alla gran parte degli operatori del sistema universitario di misurare gli effetti micidiali del meccanismo messo in atto e, soprattutto, le iniquità indotte dai criteri usati, a cominciare dal cosiddetto “indicatore di sostenibilità economico-finanziaria” basato essenzialmente sul rapporto tra entrate (tasse studentesche e fondi ministeriali) ed uscite (spese per il personale e debiti) rispetto al quale avrebbe dovuto essere chiara a tutti la condizione di vantaggio di alcuni atenei e di alcuni territori rispetto ad altri.
L’impostazione adottata, infatti, anziché aiutare le realtà più deboli, o quelle poco inclini a comportamenti virtuosi, ad adottare profondi e necessari cambiamenti, porterà ad un indebolimento complessivo del sistema ed addirittura ad uno smantellamento irrecuperabile di molte realtà universitarie. In primo luogo quelle del nostro meridione che nel proprio contesto economico e territoriale non saranno in grado di sopportare, senza gravi danni sociali, né una diminuzione ulteriore dell’offerta e di servizi didattici né, tanto meno, un innalzamento delle tasse universitarie a carico degli studenti e delle loro famiglie.
Ciò che emerge in maniera eclatante anche in questa vicenda, è l’evidente continuità tra l’operato del Ministro Gelmini e quello del Ministro Carrozza. Come dire che “tra Maria Stella e Maria Chiara” nessuna differenza, anzi..
Aggiungiamo “anzi” perché se è vero che il tutto deriva dalla originaria impostazione della riforma Gelmini e dai suoi decreti attuativi (non dimenticando al riguardo gli effetti depressivi sull’offerta didattica del nuovo sistema degli accreditamenti) è soprattutto vero che l’attuale Ministro, al di là di generiche affermazioni e promesse su una revisione del ruolo dell’ANVUR, si è dimostrata chiusa a tutte le richieste e pressioni che venivano dal Sindacato, dal CUN e dalle componenti rappresentative del mondo dell’alta formazione riunite nel cosiddetto “tavolone”.
In particolare, il Ministro Carrozza ha rifiutato sia l’adozione di appropriati correttivi al dispositivo dei punti organico, sia di fare del decreto 104/2013, appena convertito in legge, lo strumento di una strategia del Governo volta a sostenere non solo il necessario ricambio del nostro sistema scolastico ma anche quello, altrettanto indispensabile, dell’alta formazione universitaria e della ricerca pubblica.
Gli esercizi valutativi dell’ANVUR sono serviti, al contrario, ad accentuare ancor più gli effetti distorsivi derivati al sistema degli Atenei e degli EPR dai tagli in questi anni indiscriminatamente apportati sia alle dotazioni finanziarie (FFO e FOE) sia al turn-over.
I dati delle tabelle riportate in testa alle nostre considerazioni mettono a confronto gli effetti delle vecchie disposizioni della Gelmini con le risultanze delle percentuali di turn-over rese possibili dalle nuove disposizioni sui punti organico. In particolare, il riferimento a tali effetti nelle diverse aree territoriali del Paese non solo avvalora la nostra tesi della continuità totale tra la “strategia Gelmini” e la “strategia Carrozza” ma addirittura danno una evidenza “plastica” a quegli squilibri Nord – Sud che si accentuano ancor più in conseguenza del provvedimento attuativo del Miur.
Ricordiamo, in sintesi, che dei 2227.48 punti organico persi dal sistema con le cessazioni di personale col nuovo meccanismo ne verranno (mal) distribuiti solo 445.50!
Ora, sarà compito del Ministro rendere conto ad un sistema in rivolta (soprattutto nel nostro Mezzogiorno) dei motivi della sua pervicace chiusura ai mutamenti ed ai correttivi richiesti. Soprattutto non sarà molto facile giustificare la coincidenza degli effetti straordinariamente positivi (fino a 200% di turn-over!) per la Scuola Superiore S. Anna o l’Università di Brescia, alquanto “conosciute” dai titolari del dicastero di V.le Trastevere!
Com’è abitudine di tutta la politica italiana anche il Ministro Carrozza “mediterà” e certamente “argomenterà”.
Intanto, ancora una volta, a pagare saranno il sistema universitario e le fasce più deboli del Paese in termini di indebolimento del sistema pubblico dell’alta formazione, di sperequazioni interne sempre più insopportabili, di forti limitazioni sulle assunzione di giovani ricercatori, di crescita delle tasse scolastiche, di minore offerta didattica, di restringimento ulteriore del diritto allo studio e della mobilità sociale e di ulteriore impoverimento del tessuto culturale e scientifico del nostro Paese.
Queste sono le ragioni per le quali la UIL RUA ha combattuto le politiche formative e di ricerca dei governi precedenti e continuerà a farlo anche con l’attuale fin a quando non si otterrà un convincente ed effettivo mutamento di rotta.
Alberto Civica
Segretario Generale UIL RUA