Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai Componenti del Governo e ai Parlamentari
Le Organizzazioni rappresentative di tutte le componenti universitarie (professori, ricercatori, lettori/CEL, ricercatori e docenti precari, dottorandi, personale tecnico-amministrativo, studenti), già in occasione della discussione della Legge di stabilità 2016 hanno espresso la netta contrarietà alle cosiddette “cattedre Natta”. Iniziativa estemporanea, che è apparsa, dietro la cortina fumogena di 500 pretesi “super-professori eccellenti”, come uno “spot” per nascondere le mancate urgenti riforme (diritto allo studio, precariato e nuovo reclutamento, governance, ecc.) e i mancati investimenti nell’Università e nella Ricerca.
Le recenti indiscrezioni riguardanti il decreto recante il regolamento per l’attuazione del provvedimento confermano tutte le nostre preoccupazioni, aggiungendone di ulteriori. La norma disegna una nuova tipologia di docente che, per reddito e status, appare sovraordinato a tutti gli altri docenti “normali”. Questo atto mina alla radice la dignità e la professionalità degli attuali docenti universitari, strutturati e non strutturati. Ciò avviene peraltro in base ad una procedura affetta da gravissime criticità: la principale è la nomina diretta dei Presidenti delle commissioni giudicatrici da parte della Presidenza del Consiglio su indicazione del MIUR, che evoca tristemente periodi bui della storia d’Italia.
Il provvedimento è inoltre viziato da numerosissime criticità – dall’uso di una classificazione disciplinare inadatta alla didattica fino a costi procedurali altissimi – che confliggono con le buone pratiche scientifiche e amministrative. E’ quindi facile prevedere che, se applicato, non potranno evitarsi numerosi contenziosi amministrativi dovuti alla sostanziale incoerenza dell’iniziativa del governo.
L’obiettivo di questo provvedimento e della norma contenuta nella Legge di Stabilità 2016 è la nascita della figura di un “super-barone” accademico-governativo contraddistinto da potenziali rapporti privilegiati con la politica (e da un salario maggiorato), cui il regolamento non richiede neppure i requisiti imposti dall’attuale normativa per divenire professori. A nostro avviso le risorse stanziate per questa operazione (75 milioni di euro per ogni anno, cui vanno sottratti gli esorbitanti costi per le commissioni governative: circa 160.000€ per ciascuna delle 25 Commissioni di 3 membri), dovrebbero essere usate per alleviare una delle tante perenni emergenze della Ricerca e dell’Università in Italia. Ad esempio, a parità di costo totale sarebbe possibile l’ingresso in posti di ruolo di un numero assai più elevato di docenti e ricercatori precari, la cui qualità è riconosciuta e apprezzata anche internazionalmente, che il finanziamento ordinario permette di inserire nei ruoli universitari solo in minuscole proporzioni nonostante contribuiscano a circa la metà delle attività universitarie.
Il sistema universitario italiano non manca di eccellenze scientifiche ma, senza adeguati provvedimenti, entro breve non sarà più in grado di fornire i servizi ordinari necessari al paese. In considerazione di quanto sopra, le sottoscritte organizzazioni richiedono il ritiro del provvedimento in oggetto e l’abrogazione della norma contenuta nella legge di stabilità 2016, che valutano come estremamente gravi e contrari ai principi costituzionali vigenti sull’Università e la Ricerca, e l’impiego delle risorse già stanziate per interventi mirati sui veri problemi del sistema universitario italiano.
ADI, ANDU, ARTeD, CIPUR, CISL-Università, CNRU, CNU, CONFSAL-CISAPUNI-SNALS, CoNPAss, Federazione UGL Università, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, UDU, UIL RUA