Quando ho letto la lettera aperta a firma del Direttore Generale Giovanni Lo Piparo ho avuto un dubbio: se rispondere ad un anziano signore già pensionato, alle soglie del termine del suo mandato, in cerca di affannoso sostegno finalizzato forse anche ad un eventuale rinnovo, oppure rivolgermi ad uno dei due vertici di una istituzione pubblica di ricerca.
Non avendo sciolto il dubbio, ritengo comunque opportuno chiarire quanto segue.
La prima necessaria precisazione riguarda la sigla sindacale. La UIL è una organizzazione nella quale non operano singoli che agiscono per proprio conto: i quadri che sono delegati alla rappresentanza nazionale nei vari enti si rapportano costantemente con tutta la struttura e la rappresentano pienamente. Qualora il Direttore ritenesse di volersi lagnare anche ad altri livelli, troverebbe la nostra organizzazione pienamente pronta e informata.
L’attività sindacale è stata sempre svolta dalla UIL in assoluta trasparenza e attraverso atti pubblicamente diffusi, nel rispetto dell’esercizio del ruolo che siamo chiamati a svolgere a tutela dei lavoratori anche da un punto di vista professionale.
Ci chiediamo come il nostro modo di agire, diretto e trasparente, possa essere interpretato come una sorta di “istigazione a delinquere” per qualche idiota che non ha il coraggio di apparire, ed invia sassi, terra e quant’altro venga in mente – in un contesto agrario quale quello del CRA – utilizzando un “linguaggio” che senza la traduzione del Direttore non avremmo nemmeno saputo interpretare.
Tali comportamenti non possono essere imputati a chi ha fatto sempre una critica forte e motivata, diretta e frontale. Semmai, nascono proprio da contorti modi di fare, contrari a quelli da noi adottati: procedure e comportamenti adottati reiteratamente in assoluta assenza di criteri leggibili, valutazioni monocratiche al punto da sembrare personali, avvertimenti più o meno velati di insubordinazione gerarchica.
Venendo al cuore del problema, riteniamo opportuno precisare che il titolo “Amici Miei” non faceva riferimento a zingarate o scherzi malefici, ma intendeva focalizzare immediatamente il vulnus: un gruppo di lavoro costituito attraverso nomine avvenute senza alcun criterio leggibile di rappresentanza e chiamato ad avviare un processo di estrema delicatezza, strategico per il futuro dell’ente.
Non si è messa in discussione la professionalità dei nominati, né la loro capacità professionale, né il prestigio scientifico: si è messo in evidenza che il criterio di nomina è noto solo al Direttore Generale e quindi, anche volendolo condividere, non ci è possibile perchè non è conosciuto!
Rendere evidenti i criteri di scelta risponde a quegli elementari principi di trasparenza che qualsiasi gestore della cosa pubblica è tenuto a rispettare, anche quando l’iniziativa è presa senza una precisa previsione normativa: la cultura della trasparenza è un bagaglio culturale che dovrebbe essere patrimonio primario di chi gestisce la cosa pubblica – prima e più del sindacato che la rivendica!
A proposito di etica, la meraviglia è che a fronte di una richiesta di trasparenza la risposta arrivi sottoforma di elenco di attività!
Il Direttore ha tenuto a precisare le molte attività svolte negli ultimi tre anni, periodo del suo mandato, precisando di aver operato con assoluta dedizione e con spirito di servizio.
Come succede anche ad un sindaco di nuova nomina, ci si può trovare a tagliare il nastro di una inaugurazione a cui hanno lavorato altri prima di lui, tra i quali anche i sindacati ed in particolare la UIL – il cui contributo ed attivismo è forse più conosciuto e riconosciuto dai lavoratori che dal Direttore stesso.
Siamo in grado di dimostrare che molti dei punti dell’elenco del direttore sono stati e/o sono oggetto di frizioni, contestazioni, ricorsi, rimodulazioni, e/o correzioni/integrazioni successive, che per gran parte potevano essere evitati se si fosse semplicemente adottato un criterio trasparente ed oggettivo anziché una “interpretazione”.
Ad onor del vero, va anche detto che l’effetto di tutte le cose fatte ha risultati evidenti: qualche giorno fa è stata inviata l’ultima richiesta unitaria, che con le firme di 4 sindacati arrivava ad elencare 52 punti in sofferenza da affrontare (rispetto ai 30 del 2010). Molti dei sospesi sono collegati a libere interpretazioni di norme e contratti, sui quali il CRA non fornisce le dovute certificazioni e i richiesti chiarimenti, come ad esempio il contratto integrativo per la Dirigenza amministrativa: a dimostrazione che il CRA ha già fin troppi problemi sull’ordinario per aggiungerne altri straordinari.
La precarietà del CRA resta un dato costante: il recente commissariamento, intervenuto mentre si attendeva la fine del processo di nomina del Presidente già individuato, ha ancora una volta allontanato l’ente dall’obiettivo di una stabilità efficace e competente.
Ci auguriamo che il Ministero si adoperi per assicurare alla ricerca in agricoltura quella necessaria attenzione nelle politiche nazionali ed europee che gli addetti reclamano con sempre maggior urgenza.