“Statali, serve lo sciopero: Troppi inutili soprusi”
Il segretario UIL: pronti a dare più efficienza, ma almeno ci consultino. BPM ? Noi soci rispettiamo Bankitalia, ma vogliamo essere rappresentati.
Spiace che gli incidenti abbiano rovinato una manifestazione globale importante. Chi è sceso in piazza pacificamente rappresentava le conseguenze della crisi, chi la sta pagando e chi la pagherà in prospettiva. Se perfino Draghi ha detto che hanno ragione, è già un buon segno». La cronaca del pomeriggio sorpassa l’attualità della manovra. Ma da quella Luigi Angeletti vuole partire.
I buoni pasto sono salvi. I lavoratori pubblici però sono colpiti pesantemente ancora una volta…
«Per fortuna la norma che era apparsa è sparita. Meglio così. Ma l’intenzione di colpire i lavoratori pubblici non è diminuita. Un atteggiamento ostile come dimostra la lettera della Bce che chiedeva di tagliarne gli stipendi. In Italia c’è l’idea che siano fannulloni pieni di privilegi e vantaggi. Una cosa totalmente infondata, figlia anche di una indagine di Eurostat che sostiene che gli aumenti salariali siano stati doppi rispetto al settore privato ma solo perché conteggia nel settore statale un milione di persone fra dirigenti e nomine politiche che hanno avuto aumenti dell’80%. Un falso clamoroso».
Voi come rispondete? Come si riforma l’amministrazione pubblica?
«L’idea di aumentare l’efficienza, ridurre i costi ed eliminare gli sprechi l’abbiamo sempre appoggiata. Ma il governo vuole riformare la Pa senza incontrarci e affidandola a quei dirigenti di nomina politica che hanno prodotto danni. Per questo non c’è rimasta altra strada che lo sciopero del settore che terremo venerdì 28 ottobre».
E qui vi dividete dalla Cisl. Con Bonanni che mercoledì parlava di «svolta», «nuova era». Ma non sciopera…
«Non ho sentito le parole di Raffaele. Sono però sicuro che questa scelta diversa non avrà ripercussioni sui nostri rapporti. Noi e la Cisl abbiamo una idea sufficientemente analoga su quello che deve fare il sindacato in una situazione di crisi economica: allargare la contrattazione, sostenere le imprese che investono per avere un sistema paese più competitivo per garantire il massimo di occupazione».
Bonanni però è stato molto duro con il governo, criticando anche i ministri con cui avete lavorato e proponendo un governo di larghe intese.
«Noi, come la Cisl, abbiamo sempre giudicato i governi per quello che fanno. Non abbiamo mai avuto rapporti privilegiati con nessuno, neanche con Sacconi. È indubbio che negli ultimi tempi siamo entrati in una fase di crisi del governo, di blocco. Ecco, diversamente da Bonanni, io penso che a questo punto il governo di larghe intese, degli uomini di buona volontà, non abbia senso. Non credo che gli uomini politici siano in grado di assumersi responsabilità sapendo che tra 10 mesi ci saranno le elezioni: lavorerebbero sempre chiedendosi se quello che fanno gli darà vantaggi nelle urne. L’Italia è come un albero storto a cui stanno tagliando i rami, come l’attacco ai pubblici, invece che raddrizzare il tronco. È un lavoro difficile che richiede tempo».
Non crede che dovreste fare un minimo di autocritica per essere stati usati da Sacconi per isolare la Cgil?
«Assolutamente no. Queste idee derivano da una rappresentazione falsa delle motivazioni per cui abbiamo rotto con la Cgil. La rottura fu per l’accordo sul modello contrattuale che abbiamo fatto con Confindustria nel 2009. La Cgil protestò e disse che doveva partecipare anche il governo e, tre mesi dopo, andammo a sottoscriverla al ministero. Fra l’altro ricordo che il governo era contrario perché preferiva l’inflazione programmata. L’altra rottura è avvenuta sulla Fiat e il referendum di Pomigliano. In entrambi i casi il governo c’entra poco».
E ora con l’accordo del 28 giugno vi state riavvicinando. Vede anche lei una «fase nuova»?
«Ecco. Proprio quella firma dimostra che il nostro interesse predominante è fare accordi. È la Cgil che questa volta è tornata a dare importanza a trovare regole comuni con noi e Confindustria. Constato che all’interno della Cgil si è aperta una discussione su come fare il sindacato. Spero che prevalga la parte che ha una visione riformista, e non ideologica, dell’azione sindacale. Nei prossimi mesi cambieranno governo e Confindustria. La nuova fase è inevitabile e per noi il nodo principale è quello della riforma fiscale: se non si sposta il carico fiscale dal lavoro alle rendite, anche facendo miracoli, l’occupazione calerà inevitabilmente».
Ultima domanda. In molti contestano il ruolo della vostra Uilca nel futuro di Banca Popolare di Milano. Come risponde?
«Bpm è una cooperativa e i suoi soci hanno diritto di esprimere i propri rappresentanti. Detto questo, è sacrosanto che la Banca d’Italia fissi delle regole per evitare intromissioni sindacali. Io in questi giorni non ho sentito né Arpe, né Messori, nè Ponzellini. Ho sentito solo il mio segretario e abbiamo concordato che seguiremo le indicazioni della Banca d’Italia, ma ribadiamo che i soci devono essere ascoltati dal management. So che altri sindacati stanno ligitando su iscritti che si sono spostati con alleanze e divergenze inedite. E questo dimostra la nostra buona fede».