1. INTRODUZIONE
A. Contesto normativo
L’articolo 14 della legge 124/2015 prevede che le amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, adottino misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e per la sperimentazione, anche al fine di tutelare le cure parentali, di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa (lavoro agile) che permettano, entro tre anni, ad almeno il 10 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali modalità, garantendo che i dipendenti che se ne avvalgono non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.
L’adozione delle predette misure organizzative e il raggiungimento degli obiettivi indicati costituiscono oggetto di valutazione nell’ambito dei percorsi di misurazione della performance organizzativa e individuale all’interno delle amministrazioni pubbliche.
Inoltre, anche alla luce della riorganizzazione della pubblica amministrazione e delle esigenze di contenimento dei costi delle strutture pubbliche, le misure di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare possono incrementare la produttività individuale e organizzativa.
Le amministrazioni pubbliche sono chiamate ad adeguare i propri sistemi di misurazione e valutazione della performance, per verificare l’impatto sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione amministrativa, nonché sulla qualità dei servizi erogati, delle misure organizzative adottate in tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative.
Inoltre, secondo il comma 2, le amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, procedono, al fine di conciliare i tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, a stipulare convenzioni con asili nido e scuole dell’infanzia e a organizzare, anche attraverso accordi con altre amministrazioni pubbliche, servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica.
Il contesto normativo si completa con la disciplina del lavoro agile recata dal Capo II del DDL A.S. 2233-B, nel testo definitivamente approvato dal Senato il 10 Maggio 2017 (di seguito A.S. 2233-B), recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” che, tra l’altro, all’articolo 18, comma 3, prevede che le disposizioni del predetto capo II “si applicano, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo le direttive emanate anche ai sensi dell’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente adottate per tali rapporti”.
Rileva anche la previsione dell’articolo 18, comma 5, del medesimo A.S. 2233-B, secondo cui agli adempimenti in materia di lavoro agile “si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente”.
Si ricorda, altresì, la Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016 sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale. In particolare al punto 48 si evidenzia che il Parlamento “sostiene il <>, un approccio all’organizzazione del lavoro basato su una combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione, che non richiede necessariamente al lavoratore di essere presente sul posto di lavoro o in un altro luogo predeterminato e gli consente di gestire il proprio orario di lavoro, garantendo comunque il rispetto del limite massimo di ore lavorative giornaliere e settimanali stabilito dalla legge e dai contratti collettivi; sottolinea pertanto il potenziale offerto dal lavoro agile ai fini di un migliore equilibrio tra vita privata e vita professionale, in particolare per i genitori che si reinseriscono o si immettono nel mercato del lavoro dopo il congedo di maternità o parentale; si oppone tuttavia alla transizione da una cultura della presenza fisica a una cultura della disponibilità permanente; invita la Commissione, gli Stati membri e le parti sociali, in sede di elaborazione delle politiche in materia di lavoro agile, a garantire che esse non impongano un onere supplementare ai lavoratori, bensì rafforzino un sano equilibrio tra vita privata e vita professionale e aumentino il benessere dei lavoratori; sottolinea la necessità di concentrarsi sul conseguimento di obiettivi occupazionali al fine di scongiurare l’abuso di queste nuove forme di lavoro; invita gli Stati membri a promuovere il potenziale offerto da tecnologie quali i dati digitali, internet ad alta velocità, la tecnologia audio e video per l’organizzazione del (tele)lavoro agile”.
B. Ambito di applicazione e destinatari
A fronte di quanto disposto dall’articolo 14 della legge 124/2015, la presente direttiva è rivolta alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Si evidenzia che il comma 4 del predetto articolo 14 della legge 124/2015 prevede che gli organi costituzionali, nell’ambito della loro autonomia, possono definire modalità e criteri per l’adeguamento dei rispettivi ordinamenti ai princìpi di cui ai commi 1, 2 e 3 della stessa previsione normativa.
Relativamente all’individuazione dei dipendenti destinatari delle predette misure, nessuna tipologia o categoria di lavoratore è aprioristicamente esclusa. Le amministrazioni possono definire le attività compatibili con il lavoro agile e tenerne conto ai fini dell’accesso a tale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro da parte dei dipendenti che ne fanno richiesta.
Si richiama, altresì, l’attenzione delle amministrazioni sul rispetto del principio di non discriminazione tra lavoratori subordinati a tempo indeterminato e lavoratori subordinati a tempo determinato previsto dalla clausola 4 della Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.
C. Comitati unici di garanzia
Un ruolo determinante nell’attuazione delle misure prescritte dovrà essere svolto dai Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, costituiti ai sensi dell’articolo 57 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché dagli Organismi indipendenti di valutazione, costituiti ai sensi del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
Nell’ambito dei loro compiti propositivi, consultivi e di verifica, i Comitati unici di garanzia, infatti, contribuiscono attivamente all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, migliorando l’efficienza delle prestazioni collegata alla garanzia di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei principi di pari opportunità, di benessere organizzativo e dal contrasto di qualsiasi forma di discriminazione e di violenza morale o psichica per i lavoratori.
D. Misure organizzative
Nell’ambito degli obiettivi specificamente previsti dall’art. 14 della Legge n. 124/2015, le amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono chiamate ad adottare le seguenti misure:
a) Misure organizzative per l’attuazione del telelavoro
Il telelavoro rappresenta una forma di lavoro a distanza per cui le amministrazioni, con l’obiettivo di razionalizzare l’organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso l’impiego flessibile delle risorse umane, possono installare, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici, necessari e possono autorizzare i propri dipendenti ad effettuare, a parità di salario, la prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede di lavoro, previa determinazione delle modalità per la verifica dell’adempimento della prestazione lavorativa (art. 4 legge 191/1998).
Si rinvia alla disciplina prevista dal dPR 70/1999 e all’accordo quadro nazionale sul telelavoro nelle pubbliche amministrazioni del 23 marzo 2000.
Si ricorda che già il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito dalla legge 221/2012) prevede, all’articolo 9, comma 7, che, entro il 31 marzo di ogni anno, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, pubblicano nel proprio sito web, gli obiettivi di accessibilità per l’anno corrente e lo stato di attuazione del “piano per l’utilizzo del telelavoro” nella propria organizzazione, in cui identificano le modalità di realizzazione e le eventuali attività per cui non è possibile l’utilizzo del telelavoro. La mancata pubblicazione è altresì rilevante ai fini della misurazione e valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili.
b) Misure organizzative per la sperimentazione di nuove modalità spazio temporali di svolgimento della prestazione lavorativa (lavoro agile o smart-working)
In base all’articolo 14, comma 1, della legge 124/2015, le amministrazioni pubbliche sono chiamate a sperimentare nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, anche al fine di tutelare le cure parentali.
La disposizione consente a ciascuna amministrazione, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, di individuare le modalità innovative, alternative al telelavoro, più adeguate rispetto alla propria organizzazione, alle esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei lavoratori e al miglioramento della qualità dei servizi erogati, fermo restando il rispetto delle norme e dei principi in tema di sicurezza sul luogo di lavoro, tutela della riservatezza dei dati e verifica dell’adempimento della prestazione lavorativa.
L’adesione a modalità organizzative flessibili non deve comportare rischi di discriminazione in termini di sviluppo della professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti; a tal fine, l’articolo 14 precisa, tra l’altro, che ai dipendenti che si avvalgono di tali modalità debba essere garantito che “non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera”. La previsione è in linea con quanto previsto dall’articolo 20 dell’ A.S. 2233-B.
Un ruolo fondamentale è svolto dai dirigenti quali promotori dell’innovazione dei sistemi organizzativi di gestione delle risorse umane e al contempo garanti contro le discriminazioni.
I dirigenti, infatti, oltre ad essere potenziali fruitori al pari degli altri dipendenti delle misure innovative di svolgimento della prestazione lavorativa recate dall’articolo 14 della legge 124/2015, sono tenuti a salvaguardare le legittime aspettative di chi utilizza le nuove modalità in termini di formazione e crescita professionale, promuovendo percorsi informativi e formativi che non escludano i lavoratori dal contesto lavorativo, dai processi d’innovazione in atto e dalle opportunità professionali.
Ciascuna pubblica amministrazione, per agevolare l’adesione alle nuove modalità di organizzazione del lavoro, è chiamata, in particolare, a:
• adottare misure specifiche volte a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, attraverso un’organizzazione del lavoro non più necessariamente incentrata sulla presenza fisica ma su risultati obiettivamente misurabili e sulla performance, nei termini ed entro i limiti di cui all’articolo 14 della legge 124/2015;
• attuare la disciplina in materia di telelavoro, lavoro agile e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, attribuendo criteri di priorità per la fruizione delle relative misure, compatibilmente con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore di coloro che si trovano in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei/delle dipendenti impegnati/e in attività di volontariato;
– individuare, ove necessario, tramite apposito atto di ricognizione interna, le attività che non sono compatibili con le innovative modalità spazio temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, tenendo sempre presente l’obiettivo di garantire, al termine del triennio successivo alla data di entrata in vigore della legge 124/2015 e, a regime, ad almeno il 10 per cento del proprio personale, ove lo richieda, la possibilità di avvalersi di tali modalità;
– individuare obiettivi prestazionali specifici, misurabili, coerenti e compatibili con il contesto organizzativo, che permettano da un lato di responsabilizzare il personale rispetto alla mission istituzionale dell’amministrazione, dall’altro di valutare e valorizzare la prestazione lavorativa in termini di performance e di risultati effettivamente raggiunti;
– promuovere, anche attraverso la Scuola Nazionale di Amministrazione, percorsi di formazione mirati rivolti ai dipendenti pubblici e, in particolare, ai dirigenti per una maggior diffusione del ricorso a modalità di lavoro agile non solo per agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro ma anche per incrementare la produttività e modelli organizzativi più competitivi;
– riprogettare lo spazio fisico e virtuale di lavoro, attraverso la riorganizzazione e razionalizzazione dei luoghi di lavoro, anche mediante la creazione di spazi condivisi;
– promuovere e diffondere l’uso delle tecnologie digitali a supporto della prestazione lavorativa, anche al fine di colmare il c.d. digital divide, per il consolidamento di una struttura amministrativa basata sulle reti informatiche tecnologicamente avanzate, anche attraverso applicazioni gestionali e di project management accessibili da remoto.
L’articolo 18, comma 1, dell’A.S. 2233-B definisce il lavoro agile come “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. Secondo lo stesso comma la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali dell’amministrazione e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
La prestazione dell’attività lavorativa in “lavoro agile” non varia la natura giuridica del rapporto di lavoro subordinato, la posizione della lavoratrice o del lavoratore all’interno dell’amministrazione e non modifica la relativa sede di lavoro di assegnazione.
La prestazione di lavoro subordinato si svolge, pertanto, previo accordo scritto tra le parti (1),
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(1) L’articolo 19 dell’A.S. 2233-B prevede che: “1. L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
2. L’accordo di cui al comma 1 può essere a termine o a tempo indeterminato; in tale ultimo caso, il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a trenta giorni. Nel caso di lavoratori disabili ai sensi dell’articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni, al fine di consentire un’adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato”.
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con le seguenti modalità:
I. esecuzione della prestazione lavorativa in parte all’interno dei locali dell’amministrazione e in parte all’esterno (flessibilità spaziale della prestazione) ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva (flessibilità dell’orario di lavoro). In merito ai luoghi possibili di lavoro il Capo II dell’A.S. 2233-B non prevede necessariamente una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all’esterno dei locali dell’amministrazione. Ferma restando l’alternanza tra locali dell’ente e locali esterni e la non necessità di una postazione fissa, sarebbe opportuna l’individuazione dei locali esterni, d’intesa tra amministrazione e lavoratori. Per l’orario di lavoro si pone il tema di un possibile controllo del rispetto dello stesso orario, ferma restando la necessità di promuovere una cultura dell’organizzazione del lavoro per obiettivi e risultati con forte responsabilizzazione del lavoratore rispetto al suo apporto lavorativo.
Occorre: definire il numero di giorni, di ore, di mesi, di anni di durata dello smart working con prevalenza della modalità di prestazione in sede; valutare la frazionabilità nella giornata oppure stabilire lo smart working per la giornata intera; ragionare in termini di giorni fissi o giorni variabili;
II. individuazione della correlazione temporale dello smart working rispetto all’orario di lavoro e di servizio dell’amministrazione anche mediante fasce di reperibilità;
III. possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Qui si pone un tema collegato alle mansioni ed al ruolo del lavoratore rispetto allo svolgimento della prestazione e all’organizzazione, e quello delle strumentazioni necessarie per l’adempimento. In particolare non dovrebbe sussistere l’obbligo dell’amministrazione di fornire la strumentazione necessaria. Tuttavia nel caso in cui la fornisce si pongono i noti temi, analoghi al telelavoro, sulla sicurezza e buon funzionamento della strumentazione fornita e sui relativi costi.
c) Misure organizzative per l’adozione di servizi di supporto alla genitorialità
L’articolo 14, comma 2, della legge 124/2015, prevede che le amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, procedono, al fine di conciliare i tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, a stipulare convenzioni con asili nido e scuole dell’infanzia e a organizzare, anche attraverso accordi con altre amministrazioni pubbliche, e servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica.
Si sottolinea l’importanza della diffusione e condivisione delle iniziative riguardanti l’attivazione di servizi di supporto alla genitorialità da parte delle amministrazioni pubbliche che abbiano già avviato esperienze in tal senso.
Attraverso tali convenzioni e accordi interministeriali, infatti, le amministrazioni pubbliche potranno garantire, anche a risorse economiche invariate, una migliore accessibilità dei servizi di cura e assistenza che risulti compatibile con gli orari di lavoro sia delle lavoratrici, sia dei lavoratori.
L’adozione delle misure organizzative e il raggiungimento degli obiettivi definiti nell’articolo 14 della legge 124/2015 costituiscono oggetto di valutazione della performance organizzativa e individuale all’interno delle amministrazioni pubbliche.
Per valutare gli effetti dell’introduzione del nuovo modello organizzativo del lavoro è, infatti, indispensabile un’accurata valutazione della performance e un’analisi dei risultati del lavoro.
I dirigenti sono chiamati ad operare un monitoraggio mirato e costante, in itinere ed ex-post, riconoscendo maggiore fiducia alle proprie risorse umane ma, allo stesso tempo, ponendo maggiore attenzione al raggiungimento degli obiettivi fissati e alla verifica dell’impatto sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione amministrativa.
A tal fine, ciascuna amministrazione individua nell’ambito dei propri sistemi di misurazione e valutazione della performance idonei indicatori per la verifica dell’impatto delle misure organizzative adottate in tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, in termini di efficacia e efficienza dell’azione amministrativa, anche coinvolgendo i cittadini fruitori, sia individualmente sia nelle forme associative, come previsto dall’articolo 14, comma 1, della legge 124/2015.
E. Bilancio di genere
Le misure adottate in applicazione dell’articolo 14 della legge 124/2015 sono da considerare utili anche al fine del monitoraggio delle politiche di genere da evidenziare nell’ambito del bilancio di genere dello Stato di cui all’articolo 38-septies alla legge 31 dicembre 2009, n. 196:
“Art. 38-septies. (Bilancio di genere). – 1. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, avvia un’apposita sperimentazione dell’adozione di un bilancio di genere, per la valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sulle donne e sugli uomini, in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito, per determinare una valutazione del diverso impatto delle politiche di bilancio sul genere.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, viene definita la metodologia generale del bilancio di genere ai fini della rendicontazione.
3. Le amministrazioni centrali dello Stato forniscono al Ministero dell’economia e delle finanze le informazioni necessarie secondo schemi contabili, indicatori statistici e modalità di rappresentazione stabilite dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche in collegamento con i contenuti previsti ai sensi, dell’articolo 10, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 150 del 2009».
F. Obiettivi
L’obiettivo qualitativo fissato dall’articolo 14 della legge 124/2015 è quello di favorire l’adozione da parte delle PA di misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e per la sperimentazione di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa (modalità concettualmente riconducibili al lavoro agile o smart working).
L’obiettivo quantitativo è quello di permettere, entro tre anni, ad almeno il 10 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali modalità.
Si tratta, in sintesi, di promuovere una nuova visione dell’organizzazione del lavoro volta a stimolare l’autonomia e la responsabilità dei lavoratori e a realizzare una maggiore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Questo non vuol dire che si possa individuare un template unico di approccio. Ogni amministrazione può individuare autonomamente, nell’ambito della cornice normativa e nel concreto perseguimento degli obiettivi sottesi, il modello rispondente alle proprie esigenze e caratteristiche. Inoltre, le misure di conciliazione non postulano una soluzione unica valida per tutte le organizzazioni, ma possono richiedere l’elaborazione di strumenti su misura, da utilizzare per contemperare e soddisfare gli interessi e le esigenze di tutti gli attori coinvolti.
Tanto per il telelavoro quanto per un progetto di lavoro agile occorre considerare che ogni amministrazione ha proprie caratteristiche e dinamiche organizzative di cui tener conto. Non esistono, dunque, modelli statici di smart working. Tuttavia, nel voler immaginare un percorso, quantomeno metodologico, può aiutare definire pilastri di partenza e aspetti rilevanti, nonché fasi concrete di attuazione.
Di seguito si individuano alcuni pilastri fondamentali per il raggiungimento dei risultati attesi, pilastri che costituiranno oggetto di approfondimento nelle sezioni specifiche di cui alle presenti linee di indirizzo:
1. Rafforzare l’organizzazione del lavoro secondo modelli incentrati sul conseguimento dei risultati adeguando i propri sistemi di misurazione e valutazione della performance per verificare l’impatto, sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione amministrativa, nonché sulla qualità dei servizi erogati, delle misure organizzative adottate in tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative.
2. Prevedere sia nel Piano della performance, sia nel Sistema di misurazione e valutazione della Performance le modalità applicative del telelavoro e del lavoro agile tenendo anche conto di quanto previsto dal punto 1.
3. Valutare, nell’ambito dei percorsi di misurazione della performance organizzativa e individuale all’interno delle amministrazioni pubbliche, le capacità innovative dei dirigenti in materia organizzativa.
4. Valorizzare le competenze dei singoli e dei gruppi.
5. Responsabilizzare i propri lavoratori e favorire relazioni fondate sulla fiducia.
6. Realizzare gli interventi di innovazione tecnologica e di dematerializzazione dei documenti previsti dalla normativa vigente, predisponendo le infrastrutture tecnologiche adeguate, da tenere in considerazione anche ai fini dell’accordo tra datore di lavoro e lavoratrice o lavoratore.
7. Operare nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, eventualmente attraverso modalità di compensazione nell’ambito del bilancio triennale, previa verifica della praticabilità di questa possibilità.
8. Individuare possibili risparmi conseguenti.
9. Garantire e verificare l’adempimento della prestazione lavorativa. Svolgere il potere di controllo come proiezione del potere direttivo del datore di lavoro finalizzato alla verifica dell’esatto adempimento della prestazione lavorativa.
10. Definire le modalità applicative alle lavoratrici o ai lavoratori agili degli istituti in materia di trattamento giuridico ed economico del personale e le forme di partecipazione delle OO.SS..
11. Definire gli elementi essenziali dell’accordo individuale tra amministrazione e lavoratrice o lavoratore agile o dell’adesione al programma dell’amministrazione al fine di regolare le modalità applicative e gli adempimenti a carico delle parti.
12. Verificare l’integrità del patrimonio dell’amministrazione e la protezione dei dati utilizzati;
13. Adeguare le misure in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro alla prestazione lavorativa svolta con le modalità dello smart working.
G. Attuazione e monitoraggio della direttiva
Le amministrazioni sono tenute ad adottare tutte le iniziative necessarie all’attuazione della direttiva, anche avvalendosi della collaborazione dei CUG e degli OIV.
Per supportare operativamente le amministrazioni nell’attuazione della direttiva, i competenti uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri provvedono a predisporre i seguenti strumenti:
– un’area web dedicata alla direttiva e accessibile dalle home page delle competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri. L’area conterrà il materiale di riferimento (normativa, studi, ricerche e strumenti) sui temi affrontati dalla direttiva;
– strumenti di monitoraggio, format e moduli di adesione alle modalità di lavoro agile utilizzabili dalle pubbliche amministrazioni.
Entro trenta giorni dall’adozione della presente direttiva, è costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un gruppo di monitoraggio di durata biennale al fine di:
– fornire supporto alle pubbliche amministrazioni destinatarie della Direttiva nella fase di sperimentazione delle misure previste dall’articolo 14 della legge 124/2015;
– monitorare e verificare l’attuazione della Direttiva;
– formulare eventuali proposte per la modifica o integrazione della Direttiva.
2. PROPOSTE METODOLOGICHE
A. Indicazioni operative per l’attivazione del lavoro agile
La presente sezione fornisce indicazioni operative di massima e non vincolanti. Resta ferma, infatti, l’autonomia delle amministrazioni a definire il percorso di attuazione più consono in relazione al proprio ordinamento.
Fase 1: Analisi del contesto
1) Creazione di un gruppo di lavoro interno, senza oneri aggiuntivi, composto da membri dell’amministrazione con esperienza in materia che supportino l’amministrazione nell’avvio della sperimentazione e nella fase di valutazione e monitoraggio.
2) Analisi dell’amministrazione, in termini di caratteristiche di macrostruttura organizzativa (Dipartimenti, Settori, Uffici ecc.) e mappatura delle attività e dei processi, inizialmente riferiti alle strutture presso le quali si intende avviare la sperimentazione. Quello che va osservato oltre all’organigramma formale è anche l’organizzazione reale, le modalità di lavoro che si stabiliscono all’interno dei gruppi, le subculture (ad esempio le consuetudini agli orari e ai ritmi di lavoro, la presenza di gruppi informali, ecc.).
3) Analisi e mappatura del personale e rilevazione dei bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori; si tratta di realizzare una vera e propria analisi quantitativa del personale con la quale si tracci una fotografia dell’amministrazione, integrata di aspetti qualitativi, legati ai carichi di cura familiare e ai ritmi di vita e di lavoro dei lavoratori congeniali (o meno) all’attivazione di un percorso di flessibilità. Tutti sono potenzialmente destinatari dell’intervento, con possibilità di privilegiare alcune categorie e di differenziare in ragione della tipologia del rapporto di lavoro (indeterminato, determinato, part-time)
Fase 2: definizione degli obiettivi e delle caratteristiche del progetto generale di lavoro agile
1) Definizione delle caratteristiche del progetto generale di lavoro agile attraverso un Piano o atto interno (che contenga a titolo esemplificativo indicazioni in merito alla durata, rientri settimanali, fasce di contattabilità, utilizzo degli strumenti tecnologici, criteri di scelta in caso di richieste superiori al numero disponibile; sicurezza sul lavoro ecc.)
– Eventuale individuazione delle attività che non possono essere svolte secondo le nuove modalità di lavoro agile e delle attività per cui non è possibile l’utilizzo del telelavoro. Le attività dovrebbero essere messe in relazione con le unità organizzative a cui fanno capo.
– Identificazione delle modalità di realizzazione per il lavoro agile. Analogamente a quanto previsto per il telelavoro è auspicabile che ciascuna amministrazione adotti un Piano per la realizzazione delle nuove modalità spazio temporali della prestazione lavorativa, eventualmente in forma congiunta con il Piano per il telelavoro. Sarebbe ancora più opportuno predisporre a monte un apposito atto interno previo passaggio con le organizzazioni sindacali e trasmissione al Comitato Unico di Garanzia (CUG);
– Alla richiesta su base volontaria dovrebbe seguire un’autorizzazione, un accordo individuale o un’adesione al programma. Il documento dovrebbe disciplinare anche i casi di recesso sia da parte del datore di lavoro che della lavoratrice o del lavoratore.
2) Definizione degli obiettivi che si intendono raggiungere nel rispetto di quelli prefissati ex art. 14 L.124/2015
Al fine di raggiungere l’obiettivo minimo del coinvolgimento del 10 per cento dei dipendenti di ciascuna amministrazione previsto dall’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124 a titolo esemplificativo le amministrazioni pubbliche potrebbero:
– programmare obiettivi annuali per il telelavoro e per le modalità innovative di svolgimento della prestazione lavorativa, in prospettiva del raggiungimento dell’obiettivo imposto dalla legge;
– selezionare (CRITERI DI SCELTA) il personale che su base volontaria chiede di avvalersi del telelavoro o di lavoro agile, compatibilmente con i criteri di selezione predefiniti (che tengano conto ad esempio delle condizioni di salute o gestione dei tempi, esigenze di conciliazione e di tutela delle cure parentali, in generale della sostenibilità del lavoro) (AMBITO SOGGETTIVO)
3) Verifica degli spazi e della dotazione tecnologica: valorizzazione e razionalizzazione
Per il lavoro agile la lavoratrice o il lavoratore possono utilizzare strumenti tecnologici propri ovvero eventualmente messi a disposizione dall’amministrazione.
Il lavoro agile consentendo al dipendente di lavorare al di fuori dell’ufficio, secondo le condizioni concordate con l’amministrazione di appartenenza, indirettamente incentiva la diffusione del cosiddetto “desk sharing”, cioè la possibilità di condividere una postazione di lavoro e più in generale la creazione di spazi di lavoro condivisi.
A titolo esemplificativo per creare aree di co-working (2) utilizzando le risorse esistenti si potrebbe:
Step1. mappare le postazioni o gli uffici che non sono occupati per lunghi periodi (ad esempio per lunghe malattie o maternità)
Step 2. creare un sistema interno di prenotazione che permetta al personale dipendente di prenotare la postazione anche al di fuori della propria sede di lavoro.
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(2) Il co-working si definisce come una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e di organizzazione delle risorse umane e strumentali basata sulla condivisione dell’ambiente di lavoro ed eventualmente delle postazioni informatiche da parte di lavoratori e lavoratrici dipendenti da diversi datori di lavoro, ovvero dipendenti dallo stesso datore di lavoro ma assegnati a diverse articolazioni territoriali. La condivisione del luogo di lavoro, in particolare nell’ambito della pubblica amministrazione, da un lato realizza l’obiettivo della razionalizzazione e riorganizzazione degli spazi, con evidenti risparmi di spesa, dall’altro permette di garantire esigenze di conciliazione. Lo sviluppo del co-working permette la creazione e lo sviluppo di centri polifunzionali per l’erogazione di servizi pubblici. Si pensi ad una pluralità di amministrazioni che condividono spazi e nell’ambito di questi erogano servizi pubblici diversi, o al caso di amministrazioni con una pluralità di sedi territoriali che permettano ai dipendenti per alcuni giorni a settimana di svolgere la propria prestazione lavorativa in una sede della propria amministrazione diversa da quella di assegnazione.
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4) Sicurezza e assicurazione obbligatoria
Per garantire la tutela della salute e della sicurezza della lavoratrice o del lavoratore, che svolge la propria prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile, ciascuna amministrazione consegna al personale coinvolto, con cadenza almeno annuale, una informativa scritta (si rinvia alla sezione specifica) nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione della prestazione all’esterno della sede di lavoro.
Fase 3: avvio della sperimentazione
La sperimentazione potrebbe svolgersi attraverso l’avvio di un progetto pilota che coinvolga preliminarmente ad esempio un’unità organizzativa che per caratteristiche si presta maggiormente alla prima fase di sperimentazione.
– Individuazione del personale da adibire a progetti di lavoro agile, eventualmente secondo criteri di scelta predefiniti;
– Definizione del progetto individuale di lavoro agile, in conformità con quanto indicato nel progetto generale e sua confluenza nell’accordo individuale;
– Avvio della sperimentazione.
Fase 4: monitoraggio e valutazione
L’Amministrazione predispone un sistema di monitoraggio che consente di ottenere una valutazione complessiva dei risultati conseguiti in termini di obiettivi raggiunti nel periodo considerato e/o la misurazione della produttività delle attività svolte dai dipendenti, anche sulla base delle informazioni fornite ai dirigenti responsabili dei progetti individuali di lavoro agile, ciò anche la fine di proseguire la sperimentazione.
Ciascuna amministrazione per valutare i singoli progetti individuali definirà un insieme specifico di indicatori rilevanti, significativi e misurabili rispetto alle proprie caratteristiche strutturali e finalità istituzionali.
B. Azioni trasversali: formazione e sensibilizzazione
– Promozione, anche attraverso la Scuola Nazionale di Amministrazione, di percorsi di formazione e sensibilizzazione rivolti ai dipendenti pubblici e in particolare ai dirigenti, sui temi delle nuove modalità organizzative del lavoro e della sicurezza sul luogo di lavoro in tema di smart working.
– Diffusione di buone pratiche in materia di telelavoro e lavoro agile;
– Facoltà di ricorrere a convenzioni tra amministrazioni con caratteristiche omogenee per l’attuazione, anche in forma associata, dell’articolo 14 della legge 124/2015;
– Al fine di favorire la diffusione di un nuovo modello culturale della prestazione lavorativa improntato alla flessibilità organizzativa nell’ottica dei risultati e di una maggiore produttività, le amministrazioni potrebbero creare apposite aree web, sui propri siti istituzionali, ove pubblicare gli atti interni di regolazione, eventuali faq, format, esperienze positive anche di altre amministrazioni eventualmente replicabili.
C. Partecipazione sindacale
– Predisposizione di un documento programmatico sul lavoro agile da trasmettere ai sindacati recante la definizione di alcuni degli aspetti più importanti che andranno a connotare il lavoro agile, quali, ad esempio: le attività ammesse a lavoro agile; i criteri di preferenza da utilizzare in caso di un numero di richieste superiore alla percentuale di dipendenti che, sulla base della normativa vigente, possano avere accesso a forme di lavoro agile; la disciplina sulle fasce di contattabilità; la definizione dei criteri per verificare l’attività resa a distanza.
3. ASPETTI ORGANIZZATIVI, GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO E RELAZIONI SINDACALI
A. Organizzazione del lavoro
Una delle principali sfide dell’introduzione dello smart working nelle pubbliche amministrazioni è il cambiamento della cultura organizzativa. A ben vedere, le nuove tecnologie di produzione di tipo digitale consentono di superare il concetto della “timbratura del cartellino” e della “presenza fisica” in ufficio e quindi di una prestazione lavorativa svolta in una sede e in un orario di lavoro definiti. Molte attività lavorative possono essere svolte al di fuori della propria sede lavorativa e in orari non necessariamente prestabiliti.
Ciò a fronte di:
a) una cultura manageriale e modelli organizzativi fondati sulla definizione di processi e indicatori, ovvero sulla programmazione e sul perseguimento di obiettivi e quindi sulla misurazione dei risultati, piuttosto che sul numero di ore lavorate;
b) una maggiore autonomia e capacità decisionale unite a flessibilità riconosciuta ai lavoratori, sviluppando negli stessi una responsabilità di risultato piuttosto che di mera prestazione, nonché una maggiore motivazione tenuto conto anche degli effetti sul “work-life balance”;
c) relazioni professionali fondate sulla fiducia e sulla gestione intelligente del lavoro, stimolando comportamenti virtuosi e favorendo uno spirito di collaborazione e valorizzazione dei talenti;
d) massima comunicazione e condivisione delle informazioni e sistemi tecnologici ed organizzativi che privilegiano, secondo la logica della Sharing Economy, l’accesso agli strumenti piuttosto che la titolarità della postazione di lavoro o l’assegnazione della scrivania fissa, arrivando a superare l’identificazione della sede di lavoro con gli spazi messi a disposizione dal datore di lavoro;
e) miglioramento dei servizi, incremento della produttività, maggiore benessere organizzativo e riduzione dei costi.
Partendo dai presupposti sopra individuati ciascuna amministrazione potrà definire progetti di smart working partendo da una mappatura dei processi e dalla focalizzazione delle attività connesse, distinguendo tali attività in ragione delle loro caratteristiche e del grado di mobilità.
Le attività potranno essere distinte in ragione del tipo di prestazione e di interazione richieste (es. attività intellettuali fondate sulla concentrazione o sull’elaborazione di proposte, di tipo comunicativo o collaborativo), nonché in ragione dello spazio fisico più idoneo a svolgerle, con conseguente pesatura del grado di mobilità delle stesse ai fini di un corretto svolgimento, attraverso un’analisi combinata dei fattori rilevanti.
Occorre altresì tenere conto delle caratteristiche comportamentali dei lavoratori, valutando il loro grado di affidabilità, la capacità di organizzazione e di decisione, di propensione all’assunzione di responsabilità.
Potenzialmente a nessuna categoria di lavoratrice o lavoratore è preclusa la possibilità di organizzare la prestazione in modo agile, laddove il tipo di attività svolta risulti compatibile.
Le Direzioni del personale sono normalmente quelle più coinvolte nella progettazione e nell’implementazione dello smart working, avendo un ruolo cardine sia sul fronte del cambiamento organizzativo, della responsabilizzazione e autonomia dei lavoratori, sia su quello del ripensamento delle modalità di prestazione lavorativa in termini di spazi e orari di lavoro riducendo i tradizionali vincoli con forme di elasticità e flessibilità. In particolare occorre tenere conto della differenza tra lavoro agile e telelavoro ed evitare di ridurre la flessibilità ad una mera prestazione lavorativa da casa, mantenendo ferme rigidità che non sono richieste atteso che l’attenzione si sposta dal rispetto di un orario di lavoro al raggiungimento di un risultato.
Ricade sempre negli interventi organizzativi anche la realizzazione di ambienti di lavoro smart, superando il concetto di postazione fissa o di stanza.
Ovviamente rilevano, in tema di organizzazione, anche le questioni connesse con la digitalizzazione, il ciclo della performance, la valutazione, la sicurezza della lavoratrice o del lavoratore e del patrimonio di dati dell’amministrazione meglio sviluppate nelle successive apposite sezioni.
In ultimo, non per ordine di importanza, è necessario favorire lo smart working attraverso interventi formativi sui comportamenti e sugli stili manageriali e un accompagnamento dei lavoratori che ne usufruiscono alla piena comprensione del nuovo strumento. Senza trascurare che l’attività di formazione potrebbe essa stessa svolgersi in modo agile sia dal lato del docente che da quello del discente.
Resta fermo il rispetto del vincolo di invarianza di spesa e, semmai, di riduzione complessiva dei costi attraverso l’adozione di soluzioni di condivisione degli spazi e dei mezzi.
B. Gestione del rapporto di lavoro
Lo smart working, si innesta nel vigente assetto di regole legali e contrattuali del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione.
Parlando di lavoro agile ci troviamo di fronte alla necessità di individuare modalità agili di svolgimento della prestazione lavorativa che superino, come più volte detto, le rigidità tradizionali del lavoro subordinato svolto in uno spazio ed in un orario definiti.
Il posto di lavoro, quindi, non deve più necessariamente coincidere con la sede abituale di lavoro e con un predefinito orario di servizio.
Va ribadita la differenza con il telelavoro meglio identificabile come prestazione lavorativa a distanza (ad esempio presso l’abitazione della lavoratrice o del lavoratore). Nel lavoro agile c’è una diversa concezione del tempo e quindi dell’orario, nonché del potere di controllo esercitato dal datore di lavoro nei termini e con le modalità definite nell’apposito accordo individuale nel rispetto dell’articolo 21 dell’A.S. 2233-B. Occorre, pertanto, dare piena attuazione al concetto di autonomia e responsabilizzazione ferme restando le regole della subordinazione.
L’articolo 14, comma 1, della legge 124/2015 prevede espressamente che le amministrazioni, nell’adottare misure organizzative volte all’attuazione del telelavoro e alla sperimentazione, anche al fine di tutelare le cure parentali, di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, garantiscano che i dipendenti che se ne avvalgono non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.
In generale, al di là degli aspetti specificamente indicati dalla norma, il principio di non discriminazione deve essere garantito con riferimento al trattamento giuridico ed economico della lavoratrice o del lavoratore agile (articolo 20 dell’A.S. 2233-B).
Andremmo a tradire la stessa essenza del lavoro agile laddove vi fosse una penalizzazione connessa con il superamento dell’idea di spazio e di tempo, superamento che è alla base dello smart working.
Resta fermo che, ai fini dell’applicazione degli istituti normativi e contrattuali relativi al trattamento giuridico ed economico della lavoratrice o del lavoratore, le amministrazioni tengono conto della modalità di articolazione dell’orario di lavoro durante le giornate di smart working.
Inoltre, al fine di garantire il rispetto del principio di non discriminazione e di non vanificare gli altri istituti con la finalità della conciliazione vita-lavoro già riconosciuti al dipendente (come nel caso del part- time e dei permessi previsti dalla legge 104/1992 ecc.), è necessario che l’atto interno sul lavoro agile dell’amministrazione, adottato in base a quanto indicato in seguito, non determini esclusioni rispetto al personale destinatario dello stesso. Tutt’al più, la circostanza che al dipendente siano già riconosciute misure di flessibilità può essere considerata ai fini della definizione dei criteri di priorità nell’accesso al lavoro agile, qualora le richieste avanzate dai dipendenti siano numericamente superiori alle posizioni rese disponibili dall’amministrazione.
C. Relazioni sindacali
Il ricorso al lavoro agile richiama il tema delle relazioni sindacali che la pubblica amministrazione, in qualità di datore di lavoro, è chiamata a garantire.
Sul punto va detto che in materia di smart working, in assenza di specifiche disposizioni normative e contrattuali, soccorrono le disposizioni normative di carattere generale in materia di poteri datoriali e di riparto di competenza tra fonte legislativa e fonte contrattuale.
Dunque, si rinvia all’articolo 5, comma 2, del d.lgs. 165/2001 che a normativa vigente prevede che, nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’articolo 2, comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatti salvi la sola informazione ai sindacati per le determinazioni relative all’organizzazione degli uffici ovvero, limitatamente alle misure riguardanti i rapporti di lavoro, l’esame congiunto, ove previsti nei contratti di cui all’articolo 9. Rientrano, in particolare, nell’esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti alla gestione delle risorse umane nel rispetto del principio di pari opportunità, nonché la direzione, l’organizzazione del lavoro nell’ambito degli uffici.
Si aggiunge che il vigente articolo 40, comma 1, dello stesso d.lgs. 165/2001 dispone che la contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali. Sono, in particolare, escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell’articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonché quelle di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421. Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità e delle progressioni economiche, la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge.
Pertanto, nel ricorso al lavoro agile, per gli aspetti connessi alle determinazioni relative all’organizzazione degli uffici è richiesta la sola informativa sindacale, mentre per i profili concernenti i rapporti di lavoro non potrà prescindersi dalle altre forme di partecipazione sindacale previste o dalla contrattazione laddove si rientri nelle materie di competenza della stessa.
In assenza di una disciplina contrattuale in materia che preveda le modalità e gli istituti della partecipazione sindacale, si ritiene che, limitatamente alle misure riguardanti i rapporti di lavoro, sia comunque opportuno un confronto preventivo con i sindacati.
Resta fermo che, anche rispetto alle determinazioni relative all’organizzazione degli uffici per cui i contratti collettivi possono prevedere l’informativa, le singole amministrazioni possono avviare percorsi di condivisione e confronto con le organizzazioni sindacali che, in un’ottica di collaborazione, possano essere utili per l’applicazione di un istituto innovativo come il lavoro agile.
D. Disciplina interna
E’ necessario che le amministrazioni, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale vigente, adottino un atto interno, secondo i rispettivi ordinamenti, in materia di lavoro agile che tratti gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro.
Nel dettaglio, l’atto interno può riguardare i seguenti aspetti enucleati in maniera non esaustiva:
1. definizione di lavoro agile anche attraverso l’indicazione delle differenze rispetto al telelavoro;
2. individuazione della platea dei destinatari, ferma restando la necessità di garantire il rispetto del principio di non discriminazione tra personale a tempo determinato e personale a tempo indeterminato nonché tra personale in regime di tempo pieno e personale in regime di tempo parziale; resta altresì fermo quanto chiarito nel punto 3;
3. richiamo al principio di non discriminazione anche al fine di garantire che i dipendenti che se ne avvalgono non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera;
4. individuazione della modalità di realizzazione dell’obiettivo minimo fissato dall’articolo 14 della legge 124/2015 (ossia permettere che, entro tre anni, almeno il 10 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano, possa avvalersi del telelavoro e, anche al fine di tutelare le cure parentali, di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa), con il coinvolgimento degli uffici;
5. indicazione della procedura di accesso al lavoro agile e delle modalità di gestione della stessa (gestione accentrata con un unico ufficio competente o gestione decentrata con competenza dei diversi uffici coinvolti);
6. definizione delle modalità di attuazione del lavoro agile nelle amministrazioni con articolazione territoriale;
7. eventuale individuazione delle attività compatibili con il lavoro agile, fermo restando il coinvolgimento dei dirigenti nella mappatura delle attività, e la possibilità di riconoscere l’autonomia del dirigente nell’individuare attività che, all’occorrenza, possono essere svolte con la modalità del lavoro agile;
8. definizione della postazione e degli strumenti di lavoro;
9. eventuale individuazione della sede di lavoro e delle modalità di comunicazione al datore di lavoro;
10. individuazione del ruolo dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (CUG) nell’attuazione del lavoro agile;
11. indicazione dei criteri di accesso al lavoro agile con l’indicazione delle categorie di personale a cui è attribuito un titolo di precedenza nel ricorso a tale modalità di lavoro;
12. fissazione delle modalità di esercizio della prestazione lavorativa con indicazione dei giorni/periodi in cui è possibile ricorrere allo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile;
13. richiamo al trattamento giuridico ed economico del dipendente, fatto salvo il principio di non discriminazione;
14. fermo restando il divieto di discriminazione, previsione dell’eventuale esclusione, per effetto della distribuzione flessibile del tempo di lavoro, di prestazioni eccedenti l’orario settimanale che diano luogo a riposi compensativi, prestazioni di lavoro straordinario, prestazioni di lavoro in turno notturno, festivo o feriale non lavorativo che determinino maggiorazioni retributive, brevi permessi o altri istituti che comportino la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro;
15. eventuali riflessi sull’attribuzione del buono pasto;
16. rinvio alla disciplina del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
17. individuazione della disciplina in materia di sicurezza delle comunicazioni e privacy;
18. individuazione della disciplina in materia di formazione, informazione, assicurazione e diritti sindacali del dipendente;
19. richiamo ai criteri e alle procedure per l’erogazione delle risorse di cui al fondo unico di amministrazione anche in riferimento al personale che presta la propria attività con la modalità del lavoro agile;
20. richiamo al controllo di gestione e al sistema di misurazione e valutazione della performance;
21. definizione di misure volte a garantire la trasparenza e le forme di pubblicazione più idonee connesse alle iniziative e all’implementazione del lavoro agile;
22. definizione del numero di giorni, di ore, di mesi, di anni di durata dello smart working con prevalenza della modalità di prestazione in sede, valutando la frazionabilità in ore ovvero il ricorso al lavoro per la giornata intera e ragionando in termini di giorni fissi o giorni variabili;
23. regolamentazione di specifici obblighi riconducibili a quelli di diligenza e di fedeltà previsti per i lavoratori agili nel codice di comportamento dell’amministrazione, come in seguito evidenziato;
24. rinvio alla previsione nell’accordo con la lavoratrice o il lavoratore agile dei tempi di riposo nonché delle misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione della lavoratrice o del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro (c.d. “diritto alla disconnessione”) e di ogni altro contenuto previsto dall’articolo 19 dell’A.S. 2233-B.
L’atto interno rinvia alla disciplina contenuta nei contratti collettivi nazionali di lavoro, ai contratti collettivi nazionali integrativi e ai contratti decentrati integrativi per la regolamentazione dei diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro. Rinvia, altresì, all’accordo individuale stipulato tra datore di lavoro e lavoratrice o lavoratore al fine di definire tempi, contenuti e modalità di esercizio della prestazione lavorativa nel rispetto delle fonti di disciplina sopra richiamate. E’ opportuno che l’atto interno definisca un modello di accordo da adottare nel rispetto della disciplina prevista dall’articolo 19 dell’A.S. 2233-B.
E. Monitoraggio
Al fine di verificare l’attuazione dell’obiettivo fissato dall’articolo 14, comma 1, della legge 124/2015 e l’impatto delle misure adottate in termini di benessere organizzativo, organizzazione dell’amministrazione, produttività e risparmi le amministrazioni dovrebbero predisporre un sistema di monitoraggio che consenta di ottenere una valutazione complessiva dei risultati conseguiti in termini di obiettivi raggiunti nel periodo considerato e/o la misurazione della produttività delle attività svolte dai dipendenti, anche sulla base delle informazioni fornite ai dirigenti responsabili dei progetti individuali di lavoro agile.
Il monitoraggio è finalizzato ad individuare le eventuali misure correttive necessarie per la prosecuzione della fase di sperimentazione e per l’adozione delle misure a regime.
F. Il potere di controllo e disciplinare del datore di lavoro nello smart working
L’articolo 21 dell’A.S. 2233-B prevede che:
“1. L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile disciplina l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.
2. L’accordo di cui al comma 1 individua le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.”
Secondo le previsioni degli articoli 2086 e 2104 c.c., il potere di controllo del datore di lavoro consiste nel verificare l’esatto adempimento della prestazione lavorativa anche al fine di salvaguardare l’integrità del patrimonio dell’amministrazione e, per questo, tiene conto di due aspetti propri del rapporto di lavoro di tipo subordinato: il potere organizzativo del datore di lavoro e la diligenza del prestatore.
Di regola, uno dei principali strumenti utili per verificare l’adempimento della prestazione lavorativa è l’accertamento della presenza in termini di orario del dipendente mediante controlli di tipo automatizzato, come disposto dalle vigenti normative in materia.
E’ utile riportare l’articolo 4 della l. n. 300 del 1970, come recentemente modificato dall’art. 23 del d.lgs. n. 151 del 2015 e dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 185 del 2016 secondo cui:
“1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.”
Fermo restando quanto sopra, l’esercizio del potere di controllo sulla presenza in servizio della lavoratrice o del lavoratore agile potrebbe essere regolato nell’ambito dell’accordo individuale attraverso la previsione di fasce di reperibilità articolate in relazione all’orario di servizio eventualmente previsto nel regolamento interno dall’amministrazione, allo scopo di assicurare il coordinamento tra la prestazione di lavoro con modalità di smart working e l’organizzazione complessiva del datore di lavoro.
Peraltro, viste le finalità di conciliazione dell’attività lavorativa con le esigenze di tutela della vita familiare della lavoratrice o del lavoratore da realizzare attraverso modalità di svolgimento della prestazione in smart working, il potere di controllo, ferma restando la configurazione del rapporto di lavoro di natura subordinata, deve essere esercitato con riguardo al risultato della prestazione, in termini sia qualitativi sia quantitativi, in relazione alle priorità definite dal dirigente.
Centrale è, pertanto, il ruolo del dirigente cui è affidata la gestione del personale che svolge la prestazione con modalità di lavoro agile, che deve individuare le attività da svolgere in lavoro agile definendo per ciascuna lavoratrice o ciascun lavoratore le priorità.
Si rammenta, infatti, che ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. n. 165 del 2001, i dirigenti “d) dirigono, coordinano e controllano l’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia; e) provvedono alla gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici,…;”.
Fermo restando che i dirigenti, secondo quanto previsto dall’atto interno dell’amministrazione, concorreranno all’individuazione del personale da avviare a modalità di lavoro agile anche alla luce della condotta complessiva dei dipendenti, analogamente a quanto previsto per i controlli sulle assenze per malattia dall’articolo 55-septies, comma 5, del d.lgs. 165/2001, starà a loro, quali datori di lavoro che esercitano un potere di controllo diretto sui dipendenti smart workers ad essi assegnati, organizzare per essi una programmazione settimanale-quindicinale delle priorità e, conseguentemente, degli obiettivi lavorativi di breve-medio periodo. La verifica del conseguimento degli stessi, che potrà essere realizzata mediante la stesura di una reportistica secondo una cadenza concordata tra dirigente e lavoratrice o lavoratore, ovvero attraverso momenti di confronto nei giorni di presenza in sede della lavoratrice o del lavoratore, costituirà esercizio del potere di controllo della prestazione lavorativa.
G. Potere disciplinare
Si rammenta che le disposizioni in materia di responsabilità, infrazioni e sanzioni e procedure conciliative costituiscono norme imperative e trovano applicazione anche per i lavoratori agili. Secondo quanto previsto dall’articolo 55 del d.lgs. 165/2001 anche per tali lavoratori “Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile……si applica l’articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto previsto dalle disposizioni del presente Capo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi.”.
Conseguentemente il potere disciplinare va esercitato tenuto conto delle seguenti linee direttrici:
1) obbligo di diligenza della lavoratrice o del lavoratore agile, secondo le previsioni dell’articolo 2104 c.c., dovrebbe essere regolato in modo specifico nell’ambito del codice di comportamento dell’amministrazione, dell’atto interno dell’amministrazione e dell’accordo individuale;
2) specifici obblighi riconducibili a quello di fedeltà di cui all’articolo 2105 c.c. dovrebbero essere previsti per i lavoratori agili in modo specifico nell’ambito del codice di comportamento dell’amministrazione, dell’atto interno dell’amministrazione e dell’accordo individuale.
Il codice di comportamento appare la sede di regolazione più opportuna per la definizione di aspetti comportamentali specifici per la lavoratrice o il lavoratore agile, anche al fine di un coordinamento con la disciplina normativa e contrattuale vigente in materia disciplinare (3).
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(3) L’articolo 21, comma 2, dell’A.S. 2233-B prevede che “L’accordo di cui al comma 1 individua le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari”.
—————————————–
In adesione alle linee direttrici sopra richiamate, potrebbe pertanto essere introdotta nel codice di comportamento di ciascuna amministrazione, ai sensi del comma 2, dell’articolo 1, del d.P.R. n. 62 del 2013, una sezione che preveda misure specifiche per i lavoratori agili riguardanti:
– rispetto dell’orario di servizio ove articolato secondo una particolare modalità in base al regolamento dell’amministrazione;
– riservatezza;
– custodia degli strumenti utilizzati nel caso di apparecchi forniti dall’amministrazione;
– incompatibilità e divieto di cumulo d’impieghi.
Con riferimento ai casi di licenziamento disciplinare contemplati dall’articolo 55-quater del d.lgs. 165/2001, le amministrazioni potrebbero definire nell’ambito del codice di comportamento modalità specifiche di verifica rispetto alle infrazioni ivi disciplinate. Si applicano, in ogni caso, gli istituti previsti in materia dalla normativa vigente.
4. INFRASTRUTTURE TECNOLOGICHE E PROTEZIONE DEI DATI, CUSTODIA, RISERVATEZZA
A. Infrastrutture abilitanti per il lavoro agile
In molte amministrazioni è sostanzialmente già oggi disponibile l’accesso ai dati e agli applicativi da parte dell’utente presso qualunque postazione di lavoro, anche se dislocata presso una sede diversa da quella consueta di lavoro, purché all’interno della rete organizzativa. Sono infatti certamente disponibili:
– profilazione degli utenti, con gestione dei ruoli e delle abilitazioni;
– tracciatura degli accessi ai sistemi e agli applicativi;
– disponibilità di documenti in formato digitale grazie a Protocollo Informatico e/o altri sistemi di gestione documentale.
Le 3 componenti sopra indicate sono necessarie per consentire di lavorare in modalità smart ovunque all’interno dell’amministrazione, sebbene non siano sufficienti ad abilitare forme di lavoro agile.
Laddove sia già possibile accedere ai sistemi informativi in uso anche da remoto, occorre adottare ogni misura atta a garantire la sicurezza e protezione di informazioni sensibili/dell’amministrazione, che potrebbero entrare in possesso di soggetti estranei all’amministrazione stessa ove si lavorasse al di fuori della sede.
In termini di infrastrutture abilitanti per il lavoro agile, emergono le seguenti considerazioni:
– disponibilità di accessi sicuri dall’esterno agli applicativi e ai dati di interesse per l’esecuzione del lavoro, con l’utilizzo di opportune tecniche di criptazione dati e VPN;
– funzioni applicative di “conservazione” dei dati/prodotti intermedi del proprio lavoro ai dipendenti che lavorino dall’esterno;
– disponibilità di applicativi software che permettano alla lavoratrice o al lavoratore nell’ottica del lavoro per flussi, di lavorare su una fase del processo lasciando all’applicativo l’onere della gestione dell’avanzamento del lavoro, nonché dell’eventuale sequenza di approvazione di sottoprodotti da parte di soggetti diversi, nel caso di flussi procedimentali complessi con più attori;
– disponibilità di sistemi di prenotazione delle postazioni di lavoro/aree di lavoro, per sé o per gruppi di lavoro in cui si è coinvolti;
– disponibilità di tecnologie che riescano a tracciare l’attività dei dipendenti svolta fuori dagli uffici, sia in termini di tempi (es. tempo intercorso dal primo accesso al logout, quindi effettiva presenza) sia in termini di lavoro effettivamente svolto.
Tanto nel paradigma BYOD (“bring your own device”, porta con te il tuo dispositivo), ampiamente utilizzato nel mondo anglosassone, quanto nel caso in cui i device mobili utilizzati dallo smart worker per l’accesso ai dati/applicativi siano forniti dall’amministrazione, è auspicabile che gli stessi siano configurati alla lavoratrice o al lavoratore dall’amministrazione medesima, per ragioni di sicurezza e protezione della rete.
5. MISURAZIONE E VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE
Ai fini della diffusione del lavoro agile la misurazione e valutazione della performance rileva sotto due profili. Il primo riguarda il sistema di misurazione valutazione della performance organizzativa e individuale come condizione abilitante per un efficace ricorso al lavoro agile all’interno delle amministrazioni pubbliche.
Il secondo profilo attiene all’inserimento di obiettivi di diffusione dello smart working nei piani della performance e di conseguenza come oggetto di valutazione della performance individuale ed organizzativa.
A. Valutazione della performance come condizione abilitante lo smart working
Lo smart working è uno strumento che mira all’incremento della produttività del lavoro in termini di miglioramento della performance individuale ed organizzativa.
In tal senso la dimensione della performance organizzativa si lega con forza ai sistemi di programmazione e controllo, alla modalità di definizione degli obiettivi attesi e alla misurazione dei risultati conseguiti.
Le amministrazioni pubbliche che vogliono sperimentare con successo lo smart working sono chiamate a:
– rafforzare i metodi di valutazione improntati al raggiungimento dei risultati a fronte di obiettivi prefissati e concordati al fine di adattarli a un’attività lavorativa gestita per obiettivi e a valutare gli esiti nell’ambito della misurazione della performance;
– realizzare un’analisi/revisione preliminare dei processi e delle attività, per individuare quali contenuti e quali funzioni si prestano meglio alla flessibilità dei tempi di lavoro;
– fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e per la sperimentazione di forme di smart working.
ed eventualmente:
– a realizzare un’indagine sulla domanda di flessibilità espressa dai lavoratori (questionari, interviste, focus group);
– a monitorare e valutare l’impatto del lavoro agile sulla performance organizzativa.
In relazione alla valutazione della performance organizzativa, occorre individuare appositi set di indicatori atti a misurare:
– la maggiore produttività (ad es. aumento servizi e attività realizzati dagli smart workers);
– la maggiore qualità dei servizi (n. utenti, clienti o committenti che dichiarano di ricevere servizi migliori);
– i minori costi (risparmio netto dei consumi);
– il miglior tasso di conciliazione vita-lavoro;
– il miglioramento del benessere organizzativo.
B. Obiettivi di performance organizzativa e valutazione degli impatti della sperimentazione
È possibile includere da subito nei Piani della performance obiettivi trasversali di performance organizzativa riconducibili alla sperimentazione dello smart working articolando un piano di azione che può prevedere: (i) definizione di un atto interno; (ii) individuazione responsabile per la gestione dello smart work; (iii) definizione cronoprogramma; (iv) approvazione disciplinare di contratto individuale, di accordo individuale o di progetto individuale di smart work.
Gli obiettivi organizzativi devono essere definiti sulla base di un cronoprogramma che tenga in considerazione il target del 10% previsto dalla normativa e l’effettiva realizzazione delle fasi previste nella roadmap che definisce i passaggi operativi necessari all’attivazione del lavoro agile presso le amministrazioni pubbliche.
Tutto ciò può comportare che le amministrazioni adeguino i propri sistemi di monitoraggio, individuando specifici indicatori per la verifica dell’impatto dell’introduzione dello smart working e definendo opportuni obiettivi organizzativi, individuali e/o di gruppo. In particolare, per la dirigenza devono essere previsti specifici obiettivi coerenti con le previsioni dell’articolo 14 della legge 124/2015. Ove non fossero già previsti, ai tradizionali indicatori quantitativi di prestazione, si devono associare indicatori qualitativi legati a competenze e comportamenti.
Dal punto di vista delle metodologie, nella fase di sperimentazione è consigliabile prevedere analisi di tipo controfattuale (esempio esperienza ACEA: il primo esperimento di introduzione dello smart working con analisi controfattuale nella pubblica amministrazione si è realizzato con un gruppo di trattati di 200 persone e un gruppo di controllo di altre 200 persone con caratteristiche simili alle prime per consentire di valutarne gli effetti).
E’ altrettanto importante stabilire un confronto con altre esperienze, anche a livello internazionale (come ad esempio la Corea che, a partire dal 2010 sta sperimentando lo smart work nella pubblica amministrazione e ha già iniziato a realizzare analisi di impatto per correggere e migliorare, anche in relazione al miglioramento della performance, le modalità di fruizione dell’istituto da parte dei dipendenti).
6. SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
A. Quadro di riferimento
Si riportano di seguito indicazioni esemplificative per la definizione dei contenuti minimi dell’informativa che il datore di lavoro deve predisporre e consegnare alla lavoratrice o al lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) dell’amministrazione.
I contenuti dell’informativa devono essere legati alla definizione di lavoro agile inteso come modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:
– stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro;
– con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
– eseguita, in parte all’interno di locali dell’amministrazione e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
I contenuti dell’informativa dovranno essere sviluppati in funzione dei rischi generali e rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro in ambienti diversi da quelli aziendali (4).
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(4) Si richiama l’articolo 22 dell’A.S. 2233-B: “1. Il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. 2. Il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali”.
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A garanzia della salute e sicurezza del lavoratore, che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, il datore di lavoro:
– consegna al lavoratore e al RLS prima dell’avvio della prestazione di lavoro agile, con cadenza almeno annuale (e/o ad ogni variazione significativa delle condizioni lavorative e di rischio connesse in particolare con il cambio di mansione) l’informativa dove sono individuati i rischi generali e specifici relativi alla prestazione da svolgere e le misure da adottare;
– somministra adeguata formazione periodica, in merito ai requisiti di salute e sicurezza, qualora non ricompresa in quella prevista dal d.lgs 81/2008, circa il corretto svolgimento della prestazione di lavoro agile in ambienti indoor e outdoor;
– nel caso in cui fornisca gli strumenti/dispositivi informatici/telematici, si assicura che essi siano conformi normativamente a standard tecnici;
– nel caso in cui fornisca le attrezzature di lavoro/apparecchiature, si assicura che esse siano conformi al Titolo III del d.lgs. 81/2008 nonché alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto;
– nel caso in cui fornisca apparecchiature elettriche/elettroniche, predilige quelle a doppio isolamento;
– nel caso in cui non fornisca gli strumenti, le attrezzature o i dispositivi di cui sopra, attua comunque le misure di tutela di cui all’articolo 15 del d.lgs. 81/2008;
– somministra adeguata formazione e informazione circa l’utilizzo delle attrezzature/apparecchiature eventualmente messe a disposizione;
– effettua idonea manutenzione delle attrezzature/apparecchiature/strumenti eventualmente forniti al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza.
Il lavoratore svolge la propria prestazione cooperando con diligenza all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione in ambienti indoor e outdoor diversi da quelli aziendali.
B. Contenuti minimi dell’informativa
A titolo esemplificativo si elencano di seguito i principali punti da sviluppare nell’informativa, a cura del datore di lavoro, con eventuali allegati, per prestazioni di lavoro svolte in ambienti indoor:
– indicazioni circa la sicurezza antincendio (principi generali sull’incendio e utilizzo dei mezzi di estinzione, comportamento in caso di incendio, atmosfere esplosive, ecc.);
– indicazioni sui requisiti igienici minimi dei locali (microclima, temperatura ed umidità dei locali, elementi di qualità dell’aria con riferimento al ricambio d’aria e alla presenza di eventuali sorgenti di emissioni, impianti termici e di condizionamento, ecc.);
– efficienza ed integrità di strumenti/dispositivi e attrezzature/apparecchiature prima dell’uso;
– utilizzo delle attrezzature di lavoro/apparecchiature (istruzioni d’uso);
– comportamento da tenere in caso di funzionamenti anomali e/o guasti delle attrezzature/apparecchiature utilizzate proprie e/o ricevute;
– requisiti minimi su impianti di alimentazione elettrica;
– indicazioni sul corretto utilizzo dell’impianto elettrico, (buono stato dei cavi elettrici di collegamento e loro posizionamento utilizzo prese, sovraccarico, prevenzione incendi, ecc.);
– caratteristiche minime relative alla ergonomia della postazione dotata di videoterminale;
– caratteristiche minime relative alla ergonomia nell’utilizzo di computer portatili, tablet, ecc..
Nel caso in cui la prestazione di lavoro si svolge in ambienti outdoor l’informativa deve prevedere anche i seguenti contenuti minimi:
– indicazioni sulla pericolosità dell’esposizione diretta alla radiazione solare.
– indicazioni sulla pericolosità dell’esposizione prolungata a condizioni meteoclimatiche sfavorevoli (caldo o freddo intensi, elevata umidità).
– limitazioni e eventuali accorgimenti da adottare ove sia necessario svolgere attività in luoghi isolati o in cui sia difficoltoso richiedere e ricevere soccorso.
– pericoli connessi allo svolgimento di attività in aree con presenza di animali o che non siano adeguatamente manutenute con riferimento alla vegetazione al degrado ambientale, alla presenza di rifiuti, ecc..
– pericoli connessi allo svolgimento di attività in aree con presenza di sostanze combustibili o infiammabili e sorgenti di ignizione
– pericoli connessi allo svolgimento di attività in aree in cui non ci sia la possibilità di approvvigionarsi di acqua potabile.
Si rinvia, infine, alle previsioni del Capo II dell’A.S. 2233-B ed in particolare all’articolo 23 in tema di “Assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali” secondo cui: “1. L’accordo per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile e le sue modificazioni sono oggetto delle comunicazioni di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 1º ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni.
2. Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali.
3. Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nei limiti e alle condizioni di cui al terzo comma dell’articolo 2 del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.”
La direttiva è stata registrata dalla Corte dei conti il 26 giugno 2017, n. 1517.
Avvertenza:
“Il riferimento al DDL A.S. 2233-B, nel testo definitivamente approvato dal Senato il 10 Maggio 2017, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” è da intendersi Legge 22 maggio 2017, n. 81 recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.