Scuole pubbliche sull’orlo della chiusura
Difficile spiegare, come madre, a mia figlia di sette anni che quest’anno Babbo Natale non porterà alcun regalo.
Ancora più difficile, come persona, pensare di poter resistere lavorando senza stipendio da oltre cinque mesi.
Quasi impossibile, come cittadina, credere che una scuola pubblica, dopo cento anni dalla sua fondazione, possa chiudere, senza drammi o troppe polemiche, nel silenzio e nell’indifferenza da parte delle forze politiche che l’hanno voluta.
Assurdo, come docente, cercare di dare risposte sensate agli oltre 150 studenti iscritti a cui è negato il diritto allo studio.
L’Istituto Superiore di Studi Musicali “G.B. Pergolesi” di Ancona è stato occupato da ormai dieci giorni dai docenti e dagli studenti, dopo che il Commissario nominato dal Ministero per trovare le risorse finanziarie, ha diffidato il Direttore e il Consiglio Accademico dall’avviare le lezioni presupponendo – per i docenti – l’interruzione di pubblico servizio, e – per gli alunni – la negazione del diritto allo studio e la conseguente perdita di un anno scolastico.
L’Istituto Pergolesi non sarà che il primo dei 20 Istituti di Alta Formazione Musicale (gli ex pareggiati) destinato ad implodere se il governo non darà una risposta urgente, dando seguito a quanto già sancito dalla legge di riforma del sistema AFAM (L. 508/99) che prevede una graduale statizzazione di questi Istituti a costo zero.
I docenti hanno deciso di fare le lezioni “Gratis et amore Dei” per difendere il diritto allo studio degli alunni e impedire la chiusura di una scuola pubblica.
Ma quanto lunga deve essere l’agonia? Tutti i giorni docenti e personale amministrativo partono dalle loro case dicendo: “Ciao, vado a lavorare/occupare, ci vediamo più tardi”. Tutti i giorni i ragazzi che occupano con noi e più di noi ci guardano con uno sguardo interrogativo e la sera si addormentano vicini perché così si sentono meno soli.
«Perché lo fate?», «Facevamo meglio a darci all’alcol?» Forse questi docenti e questi ragazzi hanno bisogno, in questa Italia “dove la cultura gode di un disprezzo quasi unanime da parte delle forze politiche” (cfr. C. MALTESE, Privatizzare tutto …, «Il Venerdì di Repubblica», 30 Novembre 2012, p. 8), di ritrovare l’urgenza di far sentire la propria voce, di restituire a se stessi la misura di una passione (!) e di un diritto (?!) e la vertigine troppo spesso dimenticata in Italia di lottare per essa.
Non esiste un Paese europeo dove il governo possa tagliare i fondi all’istruzione senza provocare rivolte di piazza. Cosa stiamo diventando? Dove stiamo andando?
Penso a questi giovani studenti a cui hanno tagliato le gambe lasciandoli liberi di camminare e penso a mia figlia e al futuro che vorrei per lei, in una nazione dove vengano tutelati i suoi diritti.
Abbiamo davvero toccato il fondo in Italia se chiudono le scuole pubbliche ed essere giovani significa rinunciare alla dignità di vivere.
Michela Grossi
Bibliotecaria Docente Istituto Superiore di Studi Musicali G.B. Pergolesi – Ancona