Gentile Presidente e Senatori,
consentitemi a nome dell’Organizzazione UIL un ringraziamento per aver convocato i rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali per l’audizione sul DDL sul reclutamento universitario e degli EPR.
Come più volte evidenziato dalla Federazione UIL Scuola RUA, il nostro auspicio rimane una revisione più profonda della Legge 240/2010, un riassetto delle norme per i concorsi e l’immissione in ruolo dei docenti, una revisione del sistema di valutazione ANVUR e di quello relativo alla Abilitazione Scientifica Nazionale, oltre ad un finanziamento ad hoc sul FFO per l’Università, fermo oramai da troppi anni, prevedendo che sia anche finalizzato nell’assegnazione delle risorse straordinarie, al personale tecnico amministrativo.
Siamo però consapevoli, che il DDL in questione costituisce il difficile “compromesso” raggiunto alla luce delle tante criticità.
Sappiamo anche che, esso è parte importante degli impegni assunti in materia con la UE all’interno del PNRR e quanto la stessa Ministra Messa tenga in particolare ad alcuni meccanismi che possano favorire, anche giuridicamente, una mobilità tra Atenei ed Enti di Ricerca.
Ciò premesso, per la UIL RUA, da tempo impegnata sulla materia del nuovo reclutamento e pre-reclutamento, la riforma oggi proposta è importante perché supera una delle distorsioni più gravi della 240/2010 (ricercatori di tipo A e ricercatori di tipo B), quella che ha favorito incremento del precariato e l’allungamento dei percorsi di accesso alla docenza.
Sicuramente l’introduzione della figura unica del ricercatore “in tenure track” (art. 5) va in questa direzione. Ci si deve, però, interrogare sul come e sul quando ciò accadrà realmente e se non si sarebbe potuto fare ancora meglio.
Soprattutto, ci domandiamo, quanto i nuovi meccanismi che si vorrebbero introdurre abbiano effetti non solo sul sistema di “domani” ma anche sul personale attualmente in servizio negli Atenei (ed anche negli EPR) nelle varie tipologie.
Questo, a ben riflettere, è il limite di fondo di un’azione legislativa che nel mentre “innova” non riesce, parallelamente, a “mettere riparo” alle conseguenze degli errori del passato (un po’ in tutti i campi).
La UIL RUA rimane nella convinzione della necessità di un pre-ruolo unico a partire dall’abolizione degli assegni di ricerca sostituito da un contratto a maggior tutele e normato dal CCNL.
Sintetizzando al massimo le considerazioni della UIL RUA queste riguardano quattro aspetti che a nostro avviso costituiscono quelli sui quali il Senato dovrebbe e potrebbe operare per migliorare:
- manca totalmente un impegno sulle risorse; queste sono unicamente quelle che il Ministro Manfredi ed il Governo sono riusciti a riservare ai nuovi ingressi nei precedenti interventi ma non sono sufficienti a garantire una vera e certa programmazione;
- anche in conseguenza di ciò la formulazione delle “norme transitorie”, previste art. 8, è molto debole rispetto a formulazioni più incisive contenute in proposte precedenti (vedasi ad es. DDL Verducci) e non garantisce nei tre anni successivi all’entrata in vigore della legge una risposta al personale ricercatore attualmente in servizio, in modo particolare ai ricercatori a tempo indeterminato che attendono da decenni il riconoscimento del ruolo docente da essi effettivamente svolto;
- la permanenza dell’assegno di ricerca, prevista all’art. 4, appare più “funzionale” all’attuale organizzazione delle attività più che contribuire sia al superamento di anomale situazioni di precariato e di vero e proprio “sfruttamento” sia alla riduzione dei tempi di percorrenza per l’accesso alla docenza (in contraddizione con le finalità stesse del DDL);
- le norme riguardanti il personale ricercatore e tecnologo degli Enti Pubblici di Ricerca previste all’art. 6 contengono aspetti di indubbia criticità soprattutto nelle implicazioni che esse avranno sulla vita degli Enti e sulla stessa contrattazione.
Avviato il nuovo meccanismo per i nuovi ingressi quali risposte si potranno dare al personale ricercatore attualmente in servizio negli EPR per lo più ed in grandi dimensioni “addensato” in anomala permanenza all’attuale terzo livello di inquadramento (si veda ad es. il CNR, ma non solo).
Se si riuscirà a tradurre il meccanismo proposto (passaggio dopo i tre anni dall’ingresso al secondo livello) nel nuovo sistema contrattuale quali saranno i costi da sostenere per i ricercatori e tecnologi attualmente in servizio negli Enti?
Secondo noi, maggiori di quanto si va dicendo e comunque sarebbero ineludibili.
Ecco allora che per rispondere al problema dei nuovi equilibri da trovare negli EPR si dovrà almeno predisporre, parallelamente, un vero e proprio “piano straordinario” che consenta nel più breve lasso di tempo il passaggio al secondo livello del personale che ha i requisiti richiesti e le cui aspettative, a maggior ragione, dovrebbero essere soddisfatte. Ma in quale sede, in quali tempi, con quali strumenti e certezze fare ciò?
Infine, rimanendo dell’idea che la mobilità è di per sé positiva, esprimiamo una forte perplessità nel percorso che il disegno di legge descrive come mobilità tra i due sistemi quello Accademico e quello degli EPR molto diversi.
Tale percorso impatta sui due sistemi profondamente disomogenei sia negli inquadramenti che economicamente.
Il settore Università prevede che sia i prof. ordinari che gli associati non siano contrattualizzati rispetto al resto del personale. Diversamente nel settore ricerca tutto il personale è contrattualizzato come potrà avvenire il percorso di mobilità tra due sistemi così diversi, ma soprattutto con quali finanziamenti?
Le nostre perplessità sono motivate dalla volontà di rendere realmente bidirezionale e funzionale agli obiettivi e ai programmi la mobilità tra i due sistemi che nel DDL non sembra essere garantito.