Il taglio operato in finanziaria, sul Contributo Ordinario dello Stato all’ENEA di oltre 30 milioni di Euro, ha colto di sorpresa solo perché nel 2010 si era registrata un’inversione di tendenza nell’assegnazione dei fondi pubblici all’ENEA stessa, con un incremento significativo che poteva far sperare in un’accresciuta attenzione del Governo nei confronti dell’Agenzia.
Se si esclude, dunque il 2010, si tratta dell’ennesima, progressiva riduzione del finanziamento pubblico, di quelle operate in successione dai Governi di tutti i colori.
A nostro avviso, sarebbe tuttavia riduttivo, collegare “il taglio” soltanto alla congiuntura sfavorevole, più realisticamente esso va inquadrato come fenomeno storico, che a partire dagli anni ottanta ha interessato, se pur per ragioni diverse, tutte le grandi istituzioni scientifiche del nostro Paese, che hanno dovuto riorganizzarsi per sopravvivere.
La maggior parte di esse ha risolto il problema cominciando a chiedersi quanto restituiva al Paese/finanziatore dei soldi che gli venivano erogati.
La restituzione avveniva tramite pubblicazioni, brevetti, conoscenza, formazione, spin off, contributo all’industria ad alta tecnologia o semplicemente con la divulgazione di immagini su siti web bene organizzati, si pensi, ad esempio, all’astronomia.
Nessuno si è permesso di far finta di nulla.
Se non ci si pone questa domanda e se non si operano scelte coraggiose, l’ENEA mette a rischio il proprio futuro e la sua stessa esistenza.
Se l’emergenza viene affrontata soltanto con i piccoli tagli meschini che colpiranno le poche attività che ancora restituiscono al Paese una parte dei quattrini che spende su di noi, a nostro avviso, non andremo da nessuna parte.
L’anno prossimo ci toglieranno altri 30 milioni e così via fino a zero, fino all’anossia.
Premettendo che qualsiasi lotta agli sprechi è sacrosanta e gode del nostro consenso, il problema non è recuperare i 30 milioni tagliando gli spiccioli dalla mensa, dalla biblioteca o dal trasporto del personale, dal contratto per i gas, dalle spese per i magazzini, dai fondi dei progetti e dagli assegni di ricerca ma, cambiare drasticamente l’assetto ed il funzionamento dell’Agenzia per recuperare i soldi per la ricerca, che è quello che ci chiede il Paese.
Con la nomina del Commissario e la trasformazione dell’ENEA in Agenzia, sono state operate scelte importanti, è stata praticamente azzerata una dirigenza che era sempre più lontana dal personale ed è stata avviata la riorganizzazione, “provvisoria” e un po’ “federalista” dell’Agenzia, che ha messo in evidenza alcune professionalità in precedenza “nascoste”, ma ha anche creato qualche “mostro” e favorito l’isolamento di alcuni centri, più deboli, in termini di qualità e quantità dei progetti, rispetto ad altri.
L’Agenzia ha avviato una politica di risparmio sul territorio ma spesso lo ha fatto in maniera arruffata e non organica e le scelte del vertice non sempre hanno trovato il supporto efficace di una struttura, a volte inesperta , altre un po’ molle.
In un periodo di grande crisi del lavoro, l’ENEA ha continuato ad assumere ma sta correndo il rischio, in più di una situazione, di mettere le giovani e qualificate risorse nelle mani di chi potrebbe rovinarle precocemente.
E’ purtroppo aumentato il livello di difficoltà “a lavorare” nel quotidiano, a causa dell’incremento di burocrazia che impedisce il fluido e corretto funzionamento dell’Agenzia.
Nell’era dell’e-commerce, continuiamo a riempire migliaia di moduli a mano, ci vogliono sei mesi per acquistare un reagente ed otto mesi per pagare un fornitore, mentre ogni unità amministrativa opera con procedure differenti che spesso non dialogano tra loro, senza contare che sul sito istituzionale i laboratori non hanno voce e non si conosce un solo curriculum dei ricercatori che li guidano.
Per non parlare della gestione del personale, il più delle volte , ogni possibilità di sviluppo della risorsa umana appare preclusa dai veti di piccoli responsabili e ci vuole qualche anno per ottenere un trasferimento.
Persino sul Contratto integrativo e sulle tabelle di equiparazione si è persa un’occasione “storica” per marcare un cambiamento, i giovani ricercatori sono stati mortificati nelle loro professionalità e non è un caso che 75 di loro abbiano, di recente, deciso di esternare questo disagio con una lettera inviata al Commissario ed alle Organizzazioni Sindacali.
Dopo il dramma giapponese e le decisioni sul nucleare che hanno riguardato il nostro Paese, i prossimi mesi saranno certamente decisivi per il nostro futuro professionale, essi vanno affronti con grande coesione interna ed è per questo che, oggi più che mai, serve chiarezza, si possono chiedere sacrifici se questi riguardano tutti e se sono finalizzati ad investimenti sui giovani e sulla ricerca, unici a garantirci il futuro.
E’ necessaria una correzione di rotta ed un discreto cambio di mentalità, un diverso rapporto con il personale e con chi lo rappresenta, magari promosso da quel misto tra pretura e ministero , che è diventato l’ufficio del personale dell’ENEA.
Scelte coraggiose e condivise in campo economico correzione di qualche errore nella riorganizzazione “provvisoria”, continuità al processo di riorganizzazione delle unità ancora non interessate con il coinvolgimento della comunità scientifica dell’Agenzia, semplificazione e sburocratizzazione delle procedure amministrative e di gestione del personale, sono le priorità per un’Agenzia che voglia smetterla di essere un’isola infelice popolata da dodo* pronti ad essere arrostiti.