La nostra partecipazione alla presentazione in Parlamento (5 luglio 2017) della Relazione Annuale 2016 dell’INAIL ed i contenuti propri della esposizione del Presidente dell’ Istituto prof. Massimo De Felice ci offrono lo spunto per alcune prime considerazioni sulle quali, peraltro, sarà possibile ritornare come UIL-RUA anche per specifiche iniziative.
La significativa parte della Relazione che riguarda la mission di INAIL sotto il profilo della gestione e dei dati riguardanti infortuni e malattie professionali, pur valorizzando gli sforzi compiuti dall’Istituto delinea un quadro generale nel quale le politiche di prevenzione sono messe “sotto stress” dalle stesse modificazioni del mondo produttivo. Riteniamo che su questa materia il settore Certificazione, Verifica e Ricerca potrebbe dare contributi ancor più significativi, risentendo i dati ancora troppo delle conseguenze dell’abuso di amianto in passato e evidenziando per lo più (64% delle denunce) solo malattie del sistema osteoarticolare.
Rileviamo la piena consapevolezza che l’innovazione produce “potenziamento” nella prevenzione dei rischi, e consideriamo che essa debba procedere di pari passo con i “nuovi” rischi correlati all’incremento delle tecnologie.
Proprio per la certezza che i cambiamenti indotti dalla evoluzione tecnologica e produttiva sono produttori di nuovi rischi, riteniamo che nello sforzo di introdurre nuove tecnologie stia la possibilità di successo, nelle grandi sfide che riguardano sicurezza, prevenzione, igiene del lavoro, tutela ambientale, riabilitazione etc.
E’ lecito aspettarsi quindi che la strategia INAIL sia orientate alla valorizzazione massima dei contenuti di cultura e conoscenza che tutto il patrimonio dell’ex- Ispesl ha introdotto all’interno della più tradizionale e consueta gestione dell’infortunistica sul lavoro: purtroppo non siamo certi che sia così.
Ci concentriamo su alcuni punti della impostazione generale e sulla indicazione strategica data dal Presidente, con riguardo particolare alla trattazione delle future linee di intervento e di iniziativa dell’Istituto.
Nelle Quattro intenzioni (guardando al futuro): “cambia il lavoro estendere le tutele”, “fare cultura tecnica, un master innovativo”, “le start-up”, “le start-up di tipo societario con finalità sociale” – viene tracciata una precisa direttrice di marcia, in parte avviata con le iniziative già concretizzate e quelle in essere.
Ciò che desta preoccupazione è la scelta dei vertici dell’ INAIL di orientare questa strategia verso una accentuazione dei risultati applicativi verso un collegamento sempre più stretto sia con il mondo imprenditoriale, sia con alcune specifiche branche istituzionali o para-istituzionali.
Qui non si nega la necessità, in particolare dal lato di una grande istituzione pubblica dotata di forti risorse proprie e trasferite dallo Stato (con un saldo positivo tra entrate di competenza ed uscite di competenza di ben 1.497 milioni di euro), di accompagnare con la propria forza finanziaria e di prerogative il processo ed il percorso di modernizzazione generale di un mondo produttivo la cui arretratezza è in gran parte dei casi alla base di tutte le problematiche di sicurezza, prevenzione, salute dei lavoratori e benessere ambientale.
Piuttosto si vuol evidenziare il rischio che tale collegamento sia nella impostazione data dal Presidente nella concretezza delle iniziative progettuali in atto, in particolare con determinate e privilegiate “partnership”, che rischia di riservare all’INAIL il ruolo prevalente, se non esclusivo, di finanziatore o co-finanziatore, quasi in “supplenza” dell’assenza dello Stato in particolare sulle politiche industriali ed innovative!
Appaiono significativi al riguardo gli accenti posti dalla Relazione stessa sulla importanza di talune iniziative e di taluni partner privilegiati.
E’ proprio la criticità di questa impostazione di fondo che, a nostro avviso, dovrebbe imporre all’Istituto una rimeditazione sulla funzione “sociale” della propria politica di investimenti, come anche la riprogettazione ed il rilancio di tutta l’attività di ricerca scientifica e tecnologica e di sperimentazione che l’Istituto stesso è in grado di sviluppare grazie alla presenza al suo interno di quel nucleo fondamentale di ricercatori, tecnologi e tecnici-amministrativi patrimonio dell’ex-ISPESL. Invece proprio su questi aspetti l’orizzonte appare più oscuro.
Tutta la politica di investimenti, soprattutto edilizi ed immobiliari, appare orientata a “sostenere” iniziative di entità pubbliche o para-pubbliche in crisi; comunque appare indirizzata ad un consolidamento di tipo patrimoniale che – se anche potrà avere rilievo dal punto di vista del bilancio – non lo avrà certo da quello della funzione sociale.
Ritroviamo luci ed ombre sulla politica di ricerca e sperimentazione, cui la Relazione dedica un paragrafo dal titolo “Ancora sulla ricerca” . Rileviamo certamente il positivo richiamo alla Carta europea dei Ricercatori, così come il riconoscimento alla ricerca del ruolo strategico e fondamentale nella innovazione. Rileviamo altresì una elencazione – non certamente esaustiva, visto l’ambito – delle attività concluse e di quelle avviate, che entusiasmano per la varietà e la duttilità dei progetti avviati o conclusi.
Ma il ruolo istituzionale sembra restare, per lo più, orientato verso una strategia di sostegno a start-up di tipo imprenditoriale, tese ad alimentare il mercato privato.
Sulla tematica per noi fondamentale delle malattie professionali e da lavoro correlate e collegate ai danni ambientali c’è una minimizzazione preoccupante, indicativa dell’abbandono possibile e rischioso di una attività di ricerca e sperimentazione di tipo più “libero” e più “discrezionale”: a nostro avviso questa ricerca deve continuare ad essere centrale in una istituzione come INAIL proprio nel momento stesso nel quale la Relazione stessa afferma, e noi condividiamo, che “l’Inail è anche un grande ente di ricerca”. I nove programmi dell’attività “discrezionale” per il 2016-18, articolati in trentasei progetti, sembrano invece ancora una volta centrati prevalentemente sui rischi tecnologici.
Ci appare allora doveroso ricordare che la ricerca non si difende e non si valorizza distinguendo all’interno del personale tra ricercatori, tecnologi e tecnico-amministrativi, tentando di confinare questi ultimi in un’area gestionale residuale. E neanche lo si fa dialogando, forse in base ad impostazioni politiche predeterminate, solo con alcune ramificazioni delle istituzioni scientifiche che per competenze, bilanci, struttura e finalità non possono neanche minimamente essere paragonati al grande patrimonio di risorse, conosce e competenze messo a disposizione del Paese e dello stesso Inail dalle Università pubbliche e dagli altri Enti Pubblici di Ricerca.
Non si valorizza la ricerca tentando di sfuggire al compito ed all’obiettivo di dare al personale, impegnato nell’attività di ricerca e sperimentazione ed in quelle ad essa direttamente collegato, il nuovo CCNL degli Enti Pubblici di Ricerca, al di là delle contraddizioni ed incertezze normative – che come Uil RUA cercheremo in tutti i modi di superare al tavolo negoziale, come premeremo per superare definitivamente gli annosi problemi del precariato, del sottoinquadramento e dello sviluppo delle carriere utilizzando immediatamente le norme introdotte dal decreto Madia.
Siamo infatti convinti che il ruolo della ricerca e dell’innovazione per la sua necessarietà e strategicità debba trovare i più ampi spazi nel prossimo futuro, nell’interesse dell’istituzione, dei lavoratori e del Paese.
Il Segretario Generale
UIL RUA
Sonia Ostrica